AREA
Gli apostoli della Rivoluzione, di Eugenio Kern
Fonte: Area, gennaio 2011
Esiste un capitolo della storia italiana e, più in particolare, di quella del ventennio fascista, poco conosciuto, ma che negli ultimi anni sta interessando un pubblico sempre maggiore e trasversale tra storici e semplici curiosi: parliamo della Scuola di Mistica fascista. Fondata in seno al mondo universitario milanese, avente come padre spirituale Arnaldo Mussolini, la Scuola si pose l’obiettivo di formare i giovani secondo l’ottica rivoluzionaria del fascismo, ricalcando lo spirito rivoluzionario dei primi fascisti e portando avanti una lotta interna contro chi vedeva nel regime un ponte per fare carriera, utile ai fini personali.
Personaggio chiave, figura di spicco e rappresentante massimo, fino al sacrificio estremo, di questo spirito “fanatico”, fu Niccolò Giani, il quale dimostrò la sua incondizionata fede al regime partendo in guerra come volontario, cadendo sul fronte greco nel marzo del 1941 e ricevendo per questo una medaglia d’oro al valore. La sua figura e la Scuola di mistica più in generale sono state studiate, tra gli altri, da Aldo Grandi con Gli eroi di Mussolini, Niccolò Giani e la Scuola di Mistica fascista (Bur, 2004) e da Tomas Carini, prima con la raccolta di scritti di Evola, La Scuola di Mistica fascista. Scritti su mistica, ascesi e libertà (Controcorrente, 2009) e poi con Niccolò Giani e la Scuola di Mistica fascista (Mursia, 2009).
Lo scorso 27 novembre è uscito in libreria Mistica della Rivoluzione fascista (ed. Il Cinabro, 268 pag., 15€), un’antologia che raccoglie gli scritti più significativi di Niccolò Giani dal 1932 al 1941 e che – mai pubblicati fino ad ora – rappresentano in modo paradigmatico e quanto mai esemplificativo il pensiero, la visione politica, le impressioni di guerra (in “Taccuino di uno dei tanti”, si ha un ritratto vivido e intenso della guerra vissuta dal Giani), di uno che fece del Fascismo e della fedeltà a questo la sua ragione di vita. Si tratta di un libro assai interessante, che mette in luce non solo gli spunti dottrinari applicati all’ambito politico e storico, ma anche analisi di più ampio respiro, che non rimasero mere applicazioni intellettuali (lo stesso Giani era docente universitario a Pavia) ma che vennero declinate da lui, come da altri, in ogni istante della vita. Mistica della Rivoluzione fascista è un affresco immediato del pensiero di Giani e del retroterra culturale che permeava gli ambienti della Scuola di Mistica, risulta perciò un documento indispensabile per chi voglia non solo affrontare lo studio di questo movimento e del suo principale rappresentante, ma anche per quanti abbiano interesse ad approfondire il fascismo come fenomeno politico nella sua totalità, anche nelle sue frange più radicali.
Si trattava, in effetti, nel caso della Scuola di Mistica, di un corpo di custodi intransigenti, di “apostoli” (come essi stessi amavano definirsi) della rivoluzione e del fascismo della prima ora. Non fu un caso se fu loro consegnata la struttura di via Paolo da Cannobio a Milano, precedentemente «covo» del Popolo d’Italia (in “Valore primordiale del Covo” si rimarcano gli aspetti simbolici di questa sede) e se fu lo stesso Mussolini, nel 1939, ad affidare ai mistici il rinnovamento del fascismo e la custodia dell’«idea»: per Mussolini, infatti, ogni rivoluzione segue tre momenti, quello della mistica, quello della politica e infine quello dell’amministrazione. Ebbene, i mistici avevano il compito di «essere al di fuori e al di sopra delle necessità della politica» per guardare all’avvenire ed impedire che dalla politica si scivolasse all’amministrazione, e cioè alla fase ultima della «rivoluzione», per portarne avanti una che fosse «permanente» ed «universale». Essi stessi, in effetti, si definivano i «domenicani» della rivoluzione, perché si consideravano degli «arrabbiati, cioè dei faziosi, se così si può dire, del fascismo, uomini […] partigiani per eccellenza e quindi anche assurdi», ed «del resto nell’impossibile e nell’assurdo non credono gli spiriti mediocri. Solo quando c’è la fede, e la volontà, niente è assurdo», scriveva proprio il Giani. Questa filosofia è ben riassunta nel “Decalogo dell’italiano nuovo”, tratto da Coscienza e dovere di Arnaldo Mussolini e riportato nel libro, che riassume bene le direttive che ogni mistico doveva seguire nella sua vita, applicando in ogni ambito i principi che il fascismo aveva affermato fin dai suoi albori.
Qual era la visione politica d’insieme dei mistici e di Giani? Ne abbiamo una precisazione nel saggio “La marcia ideale sul mondo della Civiltà fascista” in cui l’autore indica nel fascismo, dopo un’analisi politica di lungo raggio, una «necessità» morale, politica e «spirituale» per tutti i popoli. Esso non avrebbe dovuto più essere, secondo la sua interpretazione, a carattere meramente nazionale, ma doveva travalicare i confini territoriali per affermarsi universalmente come caposaldo di una nuova Europa. L’universalità era non a caso una delle parole chiave dei mistici, che si ritrova in moltissimi dei scuoi scritti, come “A difesa dell’Europa” e “La mistica come dottrina del fascismo”, dove si chiariscono i valori fondanti del pensiero e della dottrina fascista.
L’antologia, a margine della quale vi è un’amplia bibliografia curata dall’editore, è arricchita anche da due saggi introduttivi esaustivi e chiarificatori – a firma di Luca Leonello Rimbotti e Maurizio Rossi – circa il contesto politico, storico e culturale in cui si affermò la figura di Giani e la stessa Scuola di Mistica. Una scuola che vide il suo tramonto con la fine del fascismo e con la morte in guerra dei suoi maggiori rappresentanti e che suscita oggi un interesse crescente. Forse perché certe scelte, certe idee e certi uomini risultano, agli occhi dei molti, incomprensibili e insensati. Perché «domenicani» della rivoluzione e «intransigenti». Coerenti, in altre parole. Fino alla morte.