Stravaganti e (quasi) inediti documenti sull’unione europea
Che il processo di unificazione europea, nella forma con cui è conosciuto, sia qualcosa di tutt’altro che spontaneo, è ormai una convinzione diffusa in larghi settori dell’opinione pubblica; le prove tangibili però sono assai scarse, limitandosi spesso a congetture o illazioni. Ecco perché ritrovamenti fortuiti come quelli delle carte dell’avvocato Giacomo Rumor hanno un particolare valore, permettendoci di gettare uno sguardo non solo sui meccanismi di questo processo, ma anche su alcuni retroscena inediti e decisamente inaspettati. Riusciamo grazie a questi documenti (ricopiati dagli originali da Paolo Rumor, figlio di Giacomo) a intravedere ambienti e situazioni al di là della cronaca e della storia ufficiali, come un’ombra fuggevole ma reale dietro il velo di una segretezza voluta e difesa con determinazione. La frammentaria testimonianza pervenutaci piuttosto fortuitamente (1) è pertanto di grande interesse, per il suo valore di fonte diretta sia a livello di informazioni, sia per tentare di ricostruire la mentalità e le idee dei fautori del progetto.
Giacomo Rumor (cugino di Mariano Rumor, cinque volte Presidente del Consiglio negli anni ’60 e ’70), nato nel 1906 da famiglia di solida tradizione cattolica, mentre studiava giurisprudenza a Padova, era entrato in contatto con gli ambienti politici della gioventù cattolica, facendo altresì conoscenza con monsignor G.B. Montini (il futuro Papa Paolo VI). Rapporti che si rinsaldarono durante la guerra e soprattutto in seguito, allorquando Rumor ricevette da ambienti vaticani l’incarico, informale, di interessarsi alle prime fasi di un progetto riguardante l’unificazione europea (2). La sua partecipazione, in qualità di referente del mondo cattolico, era affiancata da altre presenze di realtà “laiche”.
Nei primi anni la materia di studio era in prevalenza economica, sviluppandosi in seguito in vari campi più specialistici. I lavori di questi esperti erano organizzati per “Divisioni”; ve ne erano 15, comprendenti quasi tutte le materie che fanno parte di una struttura statuale: il campo amministrativo, la finanza, il sistema fiscale, l’anagrafe e la cittadinanza, la famiglia, l’assistenza sociale, il lavoro, il patrimonio, il commercio interno, il commercio estero, le risorse energetiche, il territorio, la polizia, la viabilità e i trasporti. In tutto i membri erano sessanta. Il rappresentante di ciascuna divisione si incontrava solo con gli altri tre membri del suo gruppo e poi riferiva ai rappresentati delle altre 14 Divisioni durante alcuni incontri che avvenivano in genere tra Verona, Vienna e Parigi o altre località dell’Europa orientale (3). I lavori erano tenuti segreti alle autorità politiche e alla pubblica opinione (il loro inizio data agli ultimi anni di guerra) tanto che solo un ristretto gruppo di personalità era a conoscenza del progetto. Molti dei suoi fautori sapevano però esattamente quale sarebbe stato il risultato finale da raggiungere, “come se la loro azione fosse stata determinata molto in anticipo, anziché durante un percorso di elaborazione”. Anni dopo Giacomo Rumor spiegò al figlio che il gruppo dei veri ispiratori dell’Unione “non corrispondeva a quelli citati nei resoconti storici”, in quanto sono rimasti sempre nell’ombra, preferendo “dare l’impulso in modo mediato.” (4)
Così, la prima elementare forma di unione europea, nacque con un apparato statutario già predisposto, nelle linee essenziali, dalle Commissioni che avevano lavorato negli anni 1944-1950 circa (commissioni realizzate, o impostate, dal francese Maurice Schumann (1911-1998) su pressante invito degli Stati Uniti). Al di là dei progetti geopolitici più immediati e contingenti, fu evidente per Rumor l’esistenza di una volontà più elevata e lungimirante, che agiva secondo logiche proprie e che faceva capo a organizzazioni indipendenti dalla politica, una sorta di “papato alternativo e clandestino, che agiva nell’ombra, utilizzando spesso per i suoi scopi altre organizzazioni già esistenti” (5). Tale consapevolezza venne anche rafforzata da una serie di colloqui avvenuti tra Rumor e Schumann, anch’egli coinvolto nel progetto e ormai con ruoli dirigenziali in ambito politico (sarà anche Ministro degli Esteri tra il 1969 e il 1973), nel corso dei quali emersero dettagli e retroscena in gran parte inediti. Il francese asseriva che il “Progetto” risaliva, come studio, alla prima metà del XIX secolo, ma che questa pianificazione sarebbe appartenuta addirittura all’epoca carolingia, con più precisione a un accordo siglato dai Franchi di Clodoveo nel 496 con Remigio, intermediario del Papa, grazie all’influenza di un promotore, Elisacar. Questo progetto consisteva nell’utilizzare le dinastie regnanti e tutte le strutture politiche del “potere visibile”, per portare a compimento l’unione geopolitica dell’Europa, primo passo essenziale per allargare la compagine al bacino meridionale del Mediterraneo. Questa unione era vista come un ricordo – o una rievocazione – di un’ancestrale, semi-mitica unione originaria che si affermava essere esistita in antiche epoche, precedenti a degli sconvolgimenti epocali. “Era come – commenta Paolo Rumor – se venisse usato un simbolismo dialettico e concettuale in base al quale l’operazione politica in atto venisse ritenuta la ripetizione di un accadimento antecedente e lontanissimo.” (6)
Gli impedimenti sociali e politici che si opponevano a questo ambizioso progetto venivano definiti semplici “incidenti di percorso”, che non avrebbero impedito il paziente lavoro di messa in opera.
In un altro documento, una lettera scritta dal cardinale americano Francis Joseph Spellman (1889-1967) recapitata a Rumor da monsignor Montini, venivano citati gli accordi che erano intercorsi nel ’43 e subito dopo la guerra. Erano anche citati André Malraux, i Comitati di salute pubblica francesi, la testata transalpina Vaincre.
Paolo Rumor, che ha preso visione della lettera, interpreta i suoi contenuti come una volontà di creare una nuova impostazione geopolitica dell’Occidente, cui sarebbe seguita una sorta di occidentalizzazione dell’intero pianeta, sulla linea di fondo di alcuni criteri-guida costituiti da: “libera concorrenza economica, parlamenti a impostazione elettiva, abolizione delle influenze religiose nell’organizzazione civile, adozione di valori etici di natura universale.” (7)
È evidente il richiamo al modello che aveva ispirato la costituzione americana e francese, con espressioni verbali che denotato una ben definita origine, come “tolleranza”, “libertà”, “fratellanza”, “moderazione”, “equità”.
La struttura elitaria responsabile del processo avrebbe assunto nei secoli nomi e forme differenti, reclutando individui di varia provenienza, talvolta ignari delle sue vere finalità. Negli scritti di Rumor vi era un elenco di membri che sarebbero appartenuti a tale struttura, anche se solo a un livello dell’organigramma. Questo elenco (contenuto in una cartella intitolata “Elenco del secondo e del terzo Patto”) partiva dagli anni Sessanta del Novecento per poi risalire ai decenni e ai secoli precedenti, fino a epoche di remota antichità. Vi erano personaggi pubblici di ampia notorietà, come De Gaulle, Schumann, Maritain, Malraux, e altri meno noti, di differenti nazionalità e ambiti culturali; molti provenivano dal mondo della cultura (scienziati, archeologi, antropologi), altri erano sacerdoti di varie religioni, più d’uno era senza qualifica nel senso che non veniva citata la professione.
Le persone nominate dall’elenco costituivano i membri di un livello solo della struttura, la parte cosiddetta consultiva. Vi sarebbe stato poi un livello decisionale, con ruoli direttivi, e un livello attuativo, che avrebbe eseguito gli ordini dei membri di quest’ultimo. Tale organizzazione avrebbe assunto diverse denominazioni a seconda della cultura e del periodo in cui si trovava a operare; di questa cultura e di questo periodo adottava i connotati, così da rendersi indistinguibile dal contesto storico e sociale esterno. La sua parte più interna, inoltre, si tramandava convinzioni molto particolari e indipendenti da quelle del resto dei suoi membri. In questo modo la Struttura sarebbe riuscita a confondersi, nel corso delle varie epoche storiche, con le espressioni e le tradizioni prevalenti, pur mantenendo intatta la propria personalità peculiare (probabilmente anche la massoneria fu utilizzata in questo modo). La sua conformazione a rete permetteva che la maggior parte dei suoi aderenti e operatori non fosse al corrente delle decisioni assunte dai loro vertici (che rimanevano peraltro sconosciuti).
Le carte di Rumor non si limitavano a una semplice successione di nominativi più o meno criptici, ma citavano anche una serie di località, luoghi d’incontro o sedi dell’organizzazione, nei vari periodi storici della sua operatività. Fra i numerosi luoghi indicati vi sono ad esempio Neaufles-Saint Martin (Normandia), nel periodo del 1300 (“di cui sono rimasti i passaggi sotterranei”); Urfa, nel 400, Busiris, in epoca alessandrina, Ursu, nel IV secolo a.C.; la colonia militare di Elefantina (Alto Egitto), nel V secolo a.C.; un luogo definito “Casa lunare sul Seir”, nel 1380 a.C.; Quyungiq (presso Catal Huyuk), in epoca molto arcaica.
Nella nota relativa alla parte arcaica dell’elenco si precisava che i “custodi”, operando in forma collegiale, avevano conservato le informazioni della “gente” che aveva preceduto i due “scalini d’acqua” e le corrispondenti “onde di roccia”. Queste ultime erano comparse in due periodi diversi: 11000 e 8000 anni fa. Questa rappresentazione di eventi era associata a termini come “caduta delle luci”, “accoppiamento” e “grande freddo”. Sempre in relazione a tali eventi si parlava di un “palo rotto”, come punizione che aveva colpito gli uomini per la colpa di avere “guastato gli animali, creato le vite che lo Spirito e l’ordine non avevano voluto; acceso le luci che non danno calore; violato il corpo della madre e misurato le sue estremità; separato il seme della terra; bruciato l’acqua marcia; contato le anime nei loro orizzonti e studiato i loro cammini per poterle sorprendere all’uscita della porta del cielo.” (8)
Nello scritto vi erano anche alcuni disegni di regioni (Golfo Persico, Malta e Mediterraneo centrale e Cuba), anche se le linee costiere non rappresentavano quelle attuali, ma di un’epoca glaciale, con molta più terra emersa. In epoca protostorica sarebbero esistite delle comunità urbane in località costiere del Mediterraneo e di altre regioni, ora sommerse dal profilo marino. Ad essa sarebbe seguito un lungo periodo di decadenza e un secondo periodo di lenta ricostruzione, con la perdita tuttavia delle precedenti cognizioni, in cui avrebbe avuto un ruolo determinante l’opera svolta da un gruppo di esperti. È probabile che a questa fase storica era fatta risalire l’istituzione dell’organismo che compone l’elenco di persone.
Si parlava poi di giganti che avevano spinto la ruota fuori del solco, causando un riversamento di acqua sulla terra. Questi giganti avevano compiuto anche quelle azioni riguardanti il “palo rotto”. Subito dopo i giganti sarebbero arrivati i “sorveglianti”. Veniva inoltre precisato che il linguaggio usato nel testo conteneva descrizioni allegoriche di fatti reali, e che il loro significato era stato decodificato dall’archeologo Alexander Thom, che era riuscito a individuare nel testo nozioni avanzate, di uso non troppo lontano da quelle dell’epoca di tale analisi (anni Cinquanta del XX secolo).
Verso la fine della sua attività nelle commissioni informali di studio, Rumor aveva iniziato a dissociarsi da un gruppo di persone con cui lavorava e che facevano parte anche di altre commissioni. Infatti riteneva che i principi iniziali dell’Unione Europea potessero essere travisati da costoro, soprattutto per quanto riguardava l’interpretazione delle radici culturali del vecchio continente. Da ciò che Rumor raccontò al figlio Paolo riguardo gli incontri con Schumann, e dalla circostanza che taluni nomi e fatti riferiti comparivano in modo concorde anche nelle pagine di Spellman e di Montini, si può dedurre che anche la Chiesa era al corrente di simili programmi, e che in qualche modo vi partecipava. La stessa organizzazione sembra avere al suo interno varie anime, a volte in contrasto fra loro, che rispecchiano differenti visioni e eredità culturali.
Concludendo questo rapido sommario possiamo ipotizzare l’esistenza di una sorta di struttura trasversale che guida o orienta determinate decisioni di natura economica, sociale e politica, e che è stata operativa almeno fino alla metà del XX secolo. Per quanto riguarda le sue origini, forse risalgono a epoche assai remote, addirittura prima dell’attuale civiltà, o forse costituiscono solamente un fondo mitico per crearsi una legittimazione e un’aura di mistero. Ci potremmo trovare di fronte a vaghe tracce di qualcosa di molto importante, una corrente che si è mossa lungo la storia nel corso dei secoli, operando e nascondendosi con eguale maestria per raggiungere i suoi, non immediatamente comprensibili, scopi. Sono i Monopanti di cui parlava Francisco de Quevedo? O è forse la contro-iniziazione? Oppure qualcosa di ancora più complesso e non individuabile?
Le testimonianze raccolte sono comunque utili, e gettano una nuova luce sia sul processo di unificazione europea che su vari eventi della storia contemporanea, che è sempre diversa da quella insegnata dai contesti ufficiali e che risponde a logiche quasi mai confessabili.
Renzo Giorgetti
Abbiamo gli appunti di Paolo Rumor tratti dai documenti originali e la testimonianza dei colloqui sull’argomento tra lo stesso Paolo e Giacomo. Ora raccolti nel volume L’altra Europa – Miti, congiure ed enigmi all’ombra dell’unificazione europea, Hobby & Work, 2010, (II ed. con aggiunte, Panda edizioni, 2018).
2 Commissioni informali di studio per esaminare gli aspetti chiave della futura unione, anche se secondo lo stesso Rumor, (ibid., p.79) “già prima di allora, cioè negli anni immediatamente successivi all’entrata degli Stati Uniti in guerra, dietro pressione di Roosevelt era stata formata una struttura di esperti che studiasse i presupposti giuridici, economici e sociali sui quali formare un abbozzo di unione europea”.
3 Ibid., p.81.
4 Ibid., pp.75-76.
5 Ibid., p.102.
6 Ibid., p.104.
7 Ibid., p.107.
8 Ibid., p.126.