Dossier elettronici e Tecnoribelli – 1
Dopo aver accennato nell’introduzione all’atteggiamento esistenziale di fondo che ha favorito questo sviluppo ipertecnologico, e aver individuato il tipo umano che emerge dall’interazione virtuale del pc, abbiamo descritto gli scenari possibili che avrebbero potuto limitare la libertà individuale. Oggi l’intrusione dell’informatica nella nostra vita non è più una possibilità, ma un dato di fatto, provato da alcuni casi sfuggiti alle maglie della censura globale e portati sotto i riflettori dell’opinione pubblica. In alcuni di questi eventi clamorosi, gruppi di individui più critici e non ancora intossicati dall’edonismo elettronico, sono insorti contro la prospettiva di un orwelliano Grande Fratello in grado di compiere incursioni negli aspetti più intimi della gente, e hanno preso le distanze dall’homus informaticus, che crede ciecamente nel progresso, tanto impregnato di tecnologia, quanto labile nella psiche.
ANNI ‘80Le prime notizie eclatanti su schedature di massa risalgono agli anni 80. Una rivista internazionale pubblicava, più di trent’anni addietro, un articolo sull’esperimento avviato nella città commerciale di Malmö, (1) in Svezia. Veniva descritto, con accenti entusiastici e profetici, l’attuazione di un processo d’informatizzazione globale, che avrebbe aperto nuove possibilità al cittadino. Questa trasformazione impetuosa e indolore s’interrompeva bruscamente nel 1986 anno in cui scoppiava lo scandalo sul “Progetto Metropolitano” attuato su 15.000 bimbi svedesi nati nel 1953 indicati con l’appellativo di “Metropolit”. Questi “liberi” cittadini, sono stati selezionati al momento della nascita, «…da un’équipe di sociologi per studiarne e classificarne i comportamenti. Ogni dato della loro vita, quasi anche il numero di respiri quotidiani, è finito nella memoria di un computer». «….. L’aspetto più inquietante del Progetto è la sua segretezza, la decisione e la elaborazione fatte al di sopra dei diritti individuali alla riservatezza…»,(2). Nel 1985, proprio nel paese dei computer, dopo gli entusiasmi iniziali, i giapponesi, all’avanguardia nel settore, iniziavano a temere l’avvicinarsi del computer-padrone. Questi timori erano alimentati dalla scoperta che nella città di Kawasaki era in funzione un’anagrafe elettronica i cui dati non erano controllabili né modificabili in caso di inesattezze dalle persone schedate. Una minaccia sentita a tal punto da far dire ad un rappresentante del Comitato per la difesa della privacy dei cittadini: «…non sappiamo come difenderci da un’intrusione tanto sinistra e abbiamo paura che si continueranno a raccogliere dati sulle persone a loro insaputa anche dopo l’entrata in vigore della legge»; mentre in contemporanea, veniva mandato in onda uno sceneggiato TV che metteva sotto accusa gli effetti disgreganti del computer sulla famiglia.(3)Entrambi i progetti di schedatura sono stati attuati in due Stati sovrani, tecnologicamente all’avanguardia, ma lontani culturalmente e ideologicamente, quali Svezia e Giappone; ovviamente tali esperimenti sono stati solo banchi di prova utili per i successivi potenziamenti del controllo globale. Una tangibile dimostrazione dell’esistenza di un piano elaborato da un’oligarchia sovranazionale, che considera l’individuo un esemplare da catalogare e si sente autorizzata a introdursi, che piaccia o meno, nella sua vita privata.
A pochi mesi da questa rivelazione, il 29 novembre 1985, militanti di estrema sinistra del gruppo Chukaku-Ha compivano un gigantesco atto di sabotaggio elettronico che metteva in ginocchio per più di dieci ore le ferrovie giapponesi. Jiro Tokuyama, direttore della scuola Nomura (4) di management avanzato, auspicava, in tale circostanza, l’ideazione di «…un gulag per i rivoluzionari mancati. Gli irriducibili samurai in divisa che hanno deciso di fare la guerra al computer. Magari solo per perderla.» (5) Un deciso ammonimento a chi potrebbe scegliere di sfidare questo sistema.
Se poi gettiamo uno sguardo sulla “madre delle democrazie”, gli U.S.A., troveremo una famiglia di “Grandi Fratelli” in frenetica e competitiva attività. Il Big Brother esce allo scoperto, negli Stati Uniti, dal 1987 in avanti, quando una commissione governativa approva l’espansione e l’accesso illimitato dell’archivio nazionale a numerosi enti governativi. Viene ufficializzato così, un archivio che già nel 1986, contiene 114 milioni di dossier personali, gestito dal Big Brother dell’FBI. (6)
Ci incamminiamo verso «una civiltà dove gli attentati ai diritti fondamentali sono invisibili e incruenti. Lo dimostrano tre vicende esemplari: l’arma usata è un computer, i complici del misfatto sono le reti di interconnessione dei dati, il crimine è la violazione della privacy.» (7)
1) Malmö; in questo attivo porto presso l’estremità meridionale della Svezia, è possibile avere informazioni sulla vita di ciascuno dei 270.000 abitanti nel giro di pochi secondi. Dice Nils Dahlberg, capo settore elaborazione dati: «Cominciamo a immagazzinare informazioni su un individuo dal momento in cui nasce… e continuiamo fino a che non muore» (Selezione dal Reader’s, Digest aprile 1979- Stanley Englebardt – pag. 149).
2) Le Bugie dell’Eden Svedese (La Stampa n. 67 – venerdì 21 marzo 1986, pag. 7; Mimmo Càndito).
3) (La Stampa n. 137, sabato 29 giugno 1985, pag. 5 – Renata Pisu).
4) È recentissima la notizia che vede Nomura Holdings coinvolta nel crack di 4 miliardi di euro che ha travolto la Banca Montepaschi MPS, coordinata da Morgan Stanley, il cui vicepresidente nel biennio 2007-2009 era Giovanni Monti, figlio di Mario Monti.
5) (Panorama 22 dicembre 1985 – “È impazzito il chip” – Sandro Ottolenghi ).
6) Ma per errore del computer moltissime persone normali risultarono sospettate. Per chi rimane coinvolto in questo terribile gioco non c’è più vita privata. Intervistato, Jerry J. Berman dell’American Civil Liberties Union, affermava che «La ricerca attraverso la fusione e i riscontri incrociati di informazioni personali che dovrebbero invece restare separate e segrete, distrugge la privacy…» (Panorama 17 agosto 1986 – Ettore Di Zio). Parallelamente, in Italia, la mite casalinga scambiata per rapinatrice, provava che «è legittimo pensare che giustizia ed elettronica non vanno d’accordo.» (Roberto Martinelli – La Stampa, sabato 29 giugno 1985).
7) Karen Hochman, una consulente aziendale le cui telefonate sono state controllate dall’ITT; Ray Parrish, studente modello in possesso dell’American Express, al quale tale card viene «revocata, perché era stato accertato che non aveva abbastanza soldi in banca». Infine l’avvocato Rossi che ha denunciato un’agenzia di viaggio per mancato adempimento dei servizi organizzati e ha ottenuto il risarcimento di tutto; l’anno successivo all’atto di prenotare una vacanza riparatrice, ha scoperto che il suo nome era nei computer di numerose agenzie della città con l’etichetta di “Cliente indesiderato”. (Panorama 1 ottobre 1989 – Marco De Martino ).