Segni dello squilibrio
«Con usura nessuno ha una solida casa/di pietra squadrata e liscia (…) con usura/non v’è chiesa con affreschi di paradiso». Questi versi di Ezra Pound, dedicati alle devastazioni subite dalle società su cui è passato il flagello del dio denaro, ci dicono molto di più, e meglio, su quanto è successo nelle zone dell’Emilia devastata dal terremoto, di qualunque servizio giornalistico o parere d’esperto. Fermarsi ai sommovimenti tellurici ed agli spostamenti delle placche continentali, non ci aiuterà a cogliere pienamente il significato delle devastazioni esteriori ed interiori di cui il sisma è plastica rappresentazione.
Questo evento apparentemente naturale si è inserito, con un tempismo che non andrebbe trascurato, in un più vasto contesto generale, in cui gli squilibri e le instabilità sembrano emergere e manifestarsi a tutti i livelli. Se si riuscisse, anche per poco tempo, ad elevarsi oltre le piccole “noie quotidiane”, forse si sarebbe in grado di gettare uno sguardo d’insieme su una umanità assediata e sottoposta, su più fronti, a dure prove. Dalla procurata crisi finanziaria, al tradimento e all’inadeguatezza di quanti erano stati (immeritatamente!) delegati a reggere la Cosa Pubblica; dagli inspiegabili (?) oramai quotidiani attacchi di follia di singoli massacratori di parenti o sconosciuti estranei, ai crolli di credibilità ad arte manovrati entro le stanze vaticane; senza trascurare il mondo, apparentemente marginale e periferico, della passione calcistica nazionale, la cui credibilità è oramai pari a quella dei politici: tutto traballa, cede e frana, lasciando l’uomo smarrito e senza appoggi e sostegni.
Queste prove, che potrebbero benissimo essere dette iniziatiche (se solo ci fosse qualcuno in grado di indicarci un Inizio!), hanno come risultato finale un progressivo inselvatichimento di ogni singolo essere umano, esposto alla confusione e al disorientamento, alla follia e al turbamento, sempre più chiuso nel proprio egoismo e dagli orizzonti sempre più ristretti. Al di là delle belle parole e dei proclami di circostanza, il motivo di fondo in ognuno recita: «per fortuna non è successo a me ed alla mia famiglia». Quando in realtà, l’espressione più umana e naturale in simili casi dovrebbe essere quella della condivisione del dolore. Visto però lo sfaldamento e la dissoluzione di qualsiasi forma di comunità organica, che per essere tale deve basarsi sul sacro, quindi su una tradizione, i risultati finali non possono che essere quelli che vediamo.
Se il brutto avanza e la bellezza indietreggia, non possiamo dimenticare che il bello sgorga dallo spirito, mentre le brutture trasudano da tutto ciò che è avverso ad ogni spiritualità. Questa consapevolezza dovrebbe già essere sufficiente per intristirci davanti alla distruzione di monumenti e chiese; così come non possiamo non inquietarci ogni volta che ci si imbatte nell’opera di writers e graffitari. Ma c’è di più e di peggio: la bruttezza del pensiero e la perfidia di troppi pensatori. Come per esempio uno dei tanti, che si picca di scrivere libri sul Cristianesimo e sui segreti del Vaticano, il quale tempo fa, nella rubrica delle lettere di Repubblica, ridicolizzava gli uomini di Chiesa che invitavano a pregare per invocare la pioggia; svolgendo in questo modo pienamente e legittimamente la loro funzione di intermediari fra uomo e Dio. Per certi signori, invece, il compito della Chiesa non dovrebbe essere quello di assicurare – nella sua “area geografica di competenza” – un canale di comunicazione e un collegamento fra umano e divino, o quello suo proprio di amministrare i sacramenti e celebrare i riti che accompagnano l’uomo, dalla culla alla tomba; ma sempre più, solo ed esclusivamente, quello di farsi garante e custode di una morale di tipo protestante, occupandosi della pace nel mondo e astrattezze simili; lasciandogli al massimo, viste le preferenze di questi pensatori, la possibilità di celebrare i matrimoni fra omosessuali.
Simili posizioni, ovviamente, vengono spacciate come segni di apertura e di progresso, contro ogni oscurantismo e superstizione. Senza che ci si renda conto che in questo modo non si sta facendo altro che segare il ramo su cui siamo tutti quanti seduti. È quindi dovere di chiunque sia consapevole della posta in gioco, dotarsi dei necessari strumenti e adottare tutti i mezzi possibili per ricacciare in gola e smascherare le manifeste bestialità pronunciate da tali cantori del mondo moderno. Consapevoli che le parole prima o poi si trasformano in fatti, i quali finiscono per modificare la realtà intorno a noi, sia in senso positivo quanto negativo.