La sempre più diffusa cessione di sovranità e indipendenza da parte degli Stati in favore di organismi esogeni e sovranazionali, in una sciagurata parodia di quello che un tempo fu l’Impero, procede di pari passo con la contemporanea rinuncia ad ogni libertà e a qualunque autonomia da parte di quello che un tempo fu l’Uomo, ridotto a rinunciare alla propria libertà interiore, alla padronanza su di sé e ad ogni autonomo pensiero; influenzandosi reciprocamente ed essendo strettamente collegati i due processi, in un vicendevole scambio: dall’alto verso il basso, e viceversa, quasi in una perversa applicazione della nota corrispondenza ermetica di ciò che è in alto con ciò che è in basso. L’asservimento politico dei Governi a organismi esterni trova, infatti, il suo corrispettivo nel soggiacere della persona alle passioni e alle potenze inferiori.
Così come lo Stato si sottomette a sempre più invadenti condizionamenti internazionali, la persona diventa progressivamente vittima di ogni tipo d’influenza, su cui non esercita più alcun controllo. L’affermazione di una prospettiva meramente economica e materiale, a discapito di ogni aspirazione e di qualunque richiamo superiore, fa sì che l’esistenza quotidiana e ordinaria dell’essere umano subisca un continuo impoverimento e si consumi in un piatto e ripetitivo tirare a campare, in un sopravvivere a tutti i costi e a qualsiasi condizione, anche la più ignobile. L’arrendevolezza dello spirito e della volontà porta ad amplificare oltre misura la mollezza e la ricerca delle snervanti e avvilenti comodità e dell’incontrollato piacere, perfino quello illegittimo e non consentito.
La naturale disposizione gerarchica delle facoltà umane che costituiscono le parti essenziali di un carattere stabile ed equilibrato viene irrimediabilmente compromessa e pervertita, nel momento in cui l’indole personale sia esposta alle alterazioni ed alle distorsioni provocate degli slogan e della martellante propaganda mediatica, nonché all’evidente degrado di un’istruzione scolastica e culturale svuotata di qualunque autorevolezza e di ogni credibilità. L’inversione dei rapporti normali, col prevalere dell’accessorio sull’essenziale e della massima benevolenza verso se stessi, riservando agli altri solo odio ed ostilità, compromette irrimediabilmente la centralità dell’essere, mettendo al primo posto i bisogni materiali e le pulsioni egoistiche. A questa condizione esistenziale dell’individuo corrisponde, nello Stato, il prevalere di istanze esclusivamente economiche e commerciali, dove dominano e spadroneggiano forze che detengono la ricchezza economica, depredando i sudditi e il Paese amministrato di ogni risorsa e di qualunque prospettiva futura.
La labilità del carattere diviene, in un simile contesto, l’elemento predominante nella maggioranza dei membri di una tale comunità, ridotta ad informe agglomerato numerico, manipolabile con estrema facilità, essendo del tutto priva del minimo senso critico e della capacità di autonomo discernimento. Questo ha prodotto la sconfortante condizione di gregge generalizzato, cui si può imporre qualunque provvedimento legislativo preso a suo danno; fosse pure il più assurdo e illogico. La piccola e miserabile corruzione che si constata a tutti i livelli della società, col venir meno di ogni senso del dovere e orgoglio professionale, viene sopportata e assecondata — quando non incoraggiata! — dal Potere, purché continui l’asservimento totale alla narrazione ufficiale della realtà che si vuole imporre in quel momento.
Rimediare ad un tale stato di cose non è affatto semplice, tanto profondo essendo diventato l’abisso che si è scavato nelle coscienze dei singoli. Se, per quanto riguarda la forma di Stato oggi prevalente, un rifiuto radicale e un’opposizione totale alle sue illegittime regole, alle sue politiche delinquenziali, ai suoi intrallazzi economici, alle sue complicità internazionali, ai suoi perversi e iniqui riferimenti storici e culturali si impongono, fino ad ipotizzare una — apparentemente contraddittoria — “aristocratica anarchia”; per quanto riguarda l’interiorità del singolo che sente indegna e insopportabile una tale condizione d’esistenza, l’unica soluzione consiste nel riprendere possesso di se stessi, ristabilendo l’indispensabile sovranità interiore e l’autonomia psichica che contrastino e pongano rimedio alla mancanza di autorità e di sostegni esterni, operando incessantemente per la propria ricostruzione interiore, dandosi delle regole precise secondo la superiore Norma, e ancorando la propria condotta ai saldi Principi giunti a noi dalle epoche passate. Coltivando sempre l’ardire ed il coraggio del Guerriero, del Combattente dello Spirito, per poter percorrere in senso contrario la corrente dissolutiva e risalire alle luminose Alture; precluse e inaccessibili agli ignavi e agli spudorati falsari e mentitori che ammorbano questi tempi, armati del dantesco invito: «non ragioniam di lor, ma guarda e passa», e del coranico: «lasciali soli con le loro invenzioni».