Ferocia capitalistica
A margine di un recente post (ci sembra che li chiamino così!) di Sandro Consolato sull’incidente della funivia di Stresa — «Stamattina i giornali tutti, di sinistra e di destra, si sono svegliati anticapitalisti, con titoloni contro la brama di profitto. Per via della funivia. Si sono ricordati ora dell’avidità capitalistica, solo ora, per una piccola impresa turistica di provincia. Loro, i giornali di capitalisti veri, di destra e di sinistra, che ne hanno fatte di tutti i colori» — non si può che condividere e ribadire le sue conclusioni, visto che le ipocrite lacrime di coccodrillo dei dipendenti dei più “venduti” giornali nazionali ci danno il quadro tangibile e concreto della mancanza di etica e di adesione alla realtà da parte di simili commentatori. Gli stessi che con cadenza quotidiana fingono di addolorarsi per le ripetute morti sul lavoro: quando sarebbero ben altri i morti da piangere e i danni collaterali della ferocia capitalistica da evidenziare.
Infatti, se le tragiche notizie riguardano qualche piccola impresa artigianale o a conduzione familiare (dove spesso, tra l’altro, sono gli stessi titolari a rimanere vittime degli incidenti mortali), si sprecano lacrime e retorica a buon mercato. Quando, invece, al cospetto dei disastri economici e sociali causati dai pirati dell’alta finanziaria e dei grandi gruppi multinazionali, si trova sempre il modo di celare, camuffare, sopire, spiegare, contestualizzare e giustificare. D’altronde, è praticamente impossibile aspettarsi che il cane azzanni la mano che gli porta da mangiare, superando l’istinto di sopravvivenza qualunque altra pulsione: fosse pure il rimorso di coscienza!
Questo, da sempre, è il ruolo della stampa e dei media in generale — dove l’adulazione si sostituisce a qualunque critica e contestazione e, secondo Teofrasto, «quelli che gli vengono dinanzi li fa fermare finché non sia passato lui» — in ragione di uno strettissimo rapporto di dipendenza servile dalla proprietà e dai grandi investitori pubblicitari, dovendocisi solo preoccupare di salvare le apparenze e non risultare esageratamente di parte.
Ma da oltre un anno a questa parte, in ragione dell’emergenza sanitaria legata alla pandemia, sembra essere saltato il tavolo e sembrano essere del tutto scomparse le imparzialità di facciata e le foglie di fico che venivano predisposte per coprire le vergogne di una delle categorie più asservite, qual è appunto quella dei giornalisti. Infatti, in presenza di una evidente e palese azione criminale — dai risvolti non solo economici — che ha comportato la morte di milioni di persone, portata a compimento e tutt’ora in atto con una ferocia e una determinazione tali da calpestare ogni presunto inviolabile diritto, e mostrando la validità “a tempo e relativa” delle cosiddette costituzioni democratiche, in ragione dei lauti finanziamenti elargiti dai registi della tragica messa in scena, questi hanno l’ardire e la faccia tosta di presentare — con un sinistro senso dell’umorismo — simili personaggi come filantropi e benefattori, a cui starebbe a cuore il bene dell’umanità.