Se Dio vuole
Marcello Foa, l’attuale Presidente della Rai, nel suo libro Gli stregoni della notizia (a suo tempo recensito su questo sito) dedica un capitolo agli “allarmi sanitari”, mostrando le manipolazioni mediatiche che hanno contribuito in maniera decisiva a risvegliare ed alimentare nella popolazione mondiale la paura atavica della peste: dalla SARS all’Aviaria, dalla Mucca pazza a Ebola e alla Suina. Tramite l’applicazione monotona dei medesimi sistemi informativi e il ripetuto lancio degli stessi messaggi ossessivi, in ognuna di queste campagne mediatiche, si è determinato un allarme mondiale finalizzato a coprire determinate falle del sistema di potere, come per esempio quella della crisi finanziaria dei mutui subprime, spostando l’attenzione del gregge verso la minaccia fittizia del lupo in agguato. Quindi, niente di nuovo sotto il sole, se oggi si assiste all’ennesima replica e messa in scena del solito copione: a reti unificate, manco fosse il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica!
La psicosi che torna ad avvelenare la stragrande maggioranza della popolazione, sotto le fittizie insegne del nuovo incubo coronavirus — confermando ancora una volta le parole del Manzoni nella descrizione dell’epidemia di peste seicentesca: «il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune» –, oltre alla lampante mancanza di raziocinio e lucidità, agisce da infallibile “evidenziatore” della totale perdita della Fede nell’uomo moderno. Non diciamo della Conoscenza e della chiara visione consapevole e distaccata, che solo l’adesione ai principi immutabili della Tradizione è in grado di dare, e che è sempre stata prerogativa di ristrette minoranze (oggi ridottissime e numericamente irrilevanti), ma di quel minimo indispensabile di fede popolare propria della gente comune, che la società precedente all’attuale barbarie social ed egoistica conosceva e praticava automaticamente: per educazione e convinzioni ereditate attraverso il naturale processo di trasmissione assicurata dalla famiglia tradizionale, dalla scuola e dalla società tutta.
Dalle paure incontrollate che attanagliano le coscienze si ricava l’assoluta mancanza di Dio o di un qualche riferimento superiore nella totalità degli esseri umani, troppo impegnati a fotografarsi per poter rivolgere il minimo pensiero a Colui cui tutto devono e a cui ognuno di noi dovremo, prima o poi, rendere conto. Un tempo, tutto sommato non troppo lontano, era facile sentire in bocca alla gente comune – e non solo a coloro che avessero un ruolo “istituzionale” come i sacerdoti e gli uomini di chiesa – espressioni del tipo: “Se Dio vuole” o “Sia fatta la volontà del Signore”, indice di un approccio, più che fatalistico e rassegnato, concreto e di gente con i piedi per terra. Condizione possibile solo in chi sia in grado di volgere lo sguardo oltre il bruto materialismo animale, che tutto limita e racchiude nelle funzioni fisiologiche e dove la morte fisica è vissuta come l’irreparabile fine di tutto.
Di fatto, oggi non è consentito nemmeno di fare ironia sulla presunta epidemia del coronavirus, mettendo in dubbio la fondatezza delle angosce e delle fobie di persone che ti guardano stupite della tua “insensibilità”, come se si trovassero di fronte a un matto incosciente e pericoloso, così come un tempo non era (giustamente!) opportuno scherzare su Dio e sulle cose sacre. Ulteriore indice del cambiamento di prospettiva e dell’affermazione di un umanesimo fine a se stesso; che, del resto, non tollera che si discutano e si mettano in dubbio nemmeno gli allarmi sui cambiamenti climatici o sulle nuove “preferenze” sessuali, venute ultimamente alla ribalta. Dimenticando che “il giorno della fine non ti servirà l’inglese”, né tanto meno la dieta vegana, il giorno della memoria e la mescolanza dei popoli: quando scenderanno in campo, contemporaneamente, tutti e quattro i cavalieri dell’Apocalisse.