Spostare l’attenzione
L’ultima campagna, in ordine di tempo – ma siamo certi che avremo appena il tempo di concludere il presente scritto, che già sarà cambiato l’oggetto –, è quella relativa al cetriolo iberico. Ormai siamo abituati a queste repentine campagne mediatiche: sassi lanciati nello stagno, non per smuoverne le acque stagnanti, ma per intorbidirle e agitarne la superficie, impedendo la vista del fondo.
È di alcuni giorni fa la notizia che il sito della American Library Association elencava, allarmato, i dieci titoli che, nel corso del 2010, si era cercato di censurare chiedendo la rimozione dei titoli dagli scaffali. Per sintetizzare, si trattava di testi che affrontavano temi come quello dell’omosessualità (pro, ovviamente!), o dai contenuti sessualmente espliciti e dal linguaggio offensivo, oppure incentrati sulla tossicodipendenza (da comprendere e giustificare!), sulla violenza e l’offesa alla religione. Temi, come si vede, che non incontrano nessuna difficoltà a essere trattati e diffusi a piene mani nella società “sottosopra” in cui c’è toccato nascere.
Le vere censure e gli argomenti tabu (su cui è proibito anche solo scherzare, come il regista Lars Von Trier e le sue recenti peripezie in Costa Azzurra insegnano) non suscitano, invece, alcun allarme fra le teste pensanti (a pagamento!) degli organi d’informazione occidentali. Nessuno propone leggi che puniscano la negazione dell’esistenza di Dio, o lo sfaldamento della famiglia tradizionale, fatta di un uomo una donna e dei figli, partoriti dalla madre dopo fecondazione “naturale” da parte del padre. I legislatori sono impegnati a tempo pieno nello sfornare vincoli proibizioni e dure sanzioni in tutt’altra direzione.
Noi non sappiamo se a Dominique Strauss-Kahn sia stata tesa una trappola, come si è da qualche parte ipotizzato. Potrebbe anche essere, ma di certo costatiamo che il controllo degli impulsi animali e degli istinti più bassi è particolarmente assente o trascurato fra le moderne élite assise sui più alti scranni del potere. Il regno della contraffazione si ritrova le aristocrazie che gli corrispondono e che si merita: inutile sorprendersi! Risulta però particolarmente singolare l’atteggiamento assolutorio pressoché generalizzato, ogni qual volta il “porco” che ogni essere umano si porta dentro, si manifesta e viene fuori presso qualcuno di questi moderni aristos. Provate a confrontare le reazioni mediatiche di fronte alle recenti rivelazioni sull’intrattenimento con bambini nordafricani di un ex ministro francese – piene di distinguo, «bisogna verificare», «la cautela è d’obbligo» e via di questo passo –, con quelle riguardanti il sacerdote ligure di qualche settimana fa. Parlare di due pesi e due misure è il minimo che si possa fare.
Il fatto è che quando il “porco” viene fuori in un uomo della Chiesa, la notizia sembra meritare maggiore attenzione e ogni singolo aspetto di quella tragedia deve essere mostrato e analizzato impietosamente. Nell’altro caso: bisogna capire, giustificare e valutare bene. Che un simile atteggiamento sia tenuto dalle moderne “case regnanti” e dai loro sudditi, lo si può capire. Quello che non si riesce a capire è come possano cadere vittime di questo “difetto ottico” anche tanti uomini che, a parole, presumono di appartenere a un altro fronte (quello dello Spirito), e dovrebbero avere ben chiaro il fatto che attaccare il singolo per colpire l’istituzione è uno strumento tipico della sovversione.
Costoro, i quali non riescono a mascherare un ateismo di fondo che ne condiziona e limita le capacità intellettive, sono poi gli stessi che blaterano di pericolo islamico e di difesa della razza europea. È a nostro giudizio fuorviante impostare l’analisi dei conflitti etnici che interessano la società moderna, muovendo da posizioni tutto sommato materialistiche quali quelle che pongono al centro i fenomeni razziali. Che oggi si possa continuare a parlare di una “razza europea”, ammesso e non concesso che questa sia mai esistita, ci sembra alquanto avventato. Si correrebbe il rischio di cadere nello stesso equivoco che portò Hitler e la Germania nazionalsocialista a inseguire l’illusione di una fratellanza razziale col popolo inglese, con le tragiche conseguenze che questa chimera ha comportato!
Come osservava giustamente Guénon, in un capitolo di Oriente e Occidente, «i popoli europei, senza dubbio perché formati da elementi eterogenei e privi dei caratteri di una razza vera e propria, sono quelli che presentano le caratteristiche etniche meno stabili, le quali più rapidamente scompaiono quando si mescolino ad altre razze; dovunque si verifichi una fusione di questo genere, è sempre l’Occidentale che, lungi dal poter assorbire gli altri, finisce con l’esserne assorbito». Ci sembra che l’americanismo (a cui ci tocca purtroppo associare ora anche quello che potremmo chiamare l’“europeismo”!) abbia abbondantemente dimostrato questa capacità dell’uomo bianco di scendere al livello più basso fra quelli propri delle etnie con cui si trova a convivere. Trovandosi l’americano a contatto contemporaneamente col negro e il pellerossa, è stato inevitabilmente il primo a fornire un contributo decisivo alla formazione del suo “carattere”. Questo per quanto riguarda la realtà del mondo moderno, ché nel passato europeo sono esistite civiltà, quella romana e quella medioevale, in cui il rapporto fu diametralmente opposto, innalzando l’inferiore piuttosto che abbassare il superiore. Civiltà, cioè, che possedevano ancora una tradizione e un principio profondo, che dava una direzione generale verso l’alto, e “costringeva” là dove non “modificava”. Nella società tradizionale, lo stesso schiavo possedeva una dignità che le pseudo-aristocrazie sconsacrate e mercantili di oggi nemmeno si sognano, a prescindere dal coloro della sua pelle!
Forse sarebbe il caso di cominciare a parlare di un ritorno alle caste, che, come ci ricorda René Guénon, svolgono una «funzione sociale determinata dalla natura propria di ogni essere umano», ma «senza che la considerazione della razza abbia a intervenire se non come uno degli elementi che possono influire sulla costituzione della natura individuale». È solo nelle società tradizionali che la conoscenza della natura individuale consente di assegnare a ciascun essere umano la funzione, e quindi il posto, che gli compete nell’organizzazione sociale. Solo il sentimentalismo occidentale, che affonda le radici nel Protestantesimo (non a caso manifestatosi all’alba della definitiva decadenza europea!) può aver fatto sì che apparisse ingiusta e innaturale l’impossibilità per un uomo di poter passare dalla propria casta a una casta superiore; che invece, muovendo proprio dalla necessità di mantenersi fedeli alla propria natura, è quanto di più giusto si possa concepire per dare a ognuno quello che gli spetta. Rendendolo così un elemento necessario dell’armonia totale e universale.
Una raffigurazione significativa delle quattro caste tradizionali è possibile trovarla nelle carte da gioco, dove le coppe rappresentano i “sacerdoti”, le spade i “guerrieri”, gli ori i “mercanti” e i bastoni i “lavoratori”. Non è certo privo di significato il fatto che oggi, nella società sconsacrata e materialistica in cui viviamo, si assegni il valore più alto proprio all’oro, mentre tutti sanno cosa vuol dire “valere come il due di coppe”! In una civiltà in cui l’economica detta le regole, le ferree e spietate regole del mondialismo capitalistico, parlare del valore qualitativo della natura individuale rappresenta un’eresia imperdonabile. Eppure solo puntando al “valore qualitativo”, sarà possibile definire quelle distanze indispensabili per selezionare un nucleo ristretto di uomini che acquisiscano la piena consapevolezza di ciò che occorre realmente per un ritorno effettivo a una società di tipo tradizionale, intraprendendo una vera e propria guerra di liberazione dalle moderne pseudo-aristocrazie. L’unica, la società tradizionale, in grado di ridare una forma e un ordine a un mondo lasciato in balia dei flutti della forza bruta e dei soprusi; in cui altrimenti la discesa verso le dimensioni selvagge dell’organizzazione sociale non potrà che progressivamente aumentare, fino alle sue estreme conseguenze.