Vocazioni uguali e contrarie
Alessandro Manzoni, nel suo I Promessi Sposi, narra a un certo punto la storia romanzata di Gertrude (nella realtà Marianna, allevata nel convento delle Umiliate di Monza, giovanissima professa nonché figlia di Don Martino De Leyva, a sua volta figlio del primo governatore spagnolo di Milano, che aveva sposato Donna Virginia Marino, vedova di un Savoia), la quale viene forzata, per motivi dinastici e patrimoniali, attraverso feroci e insopportabili violenze psicologiche e costrizioni varie alla scelta monacale; immortalando nella figura della Monaca di Monza una delle più riuscite rappresentazioni della scelta obbligata di un cammino diverso da quello desiderato e dell’imposizione di una “vocazione” totalmente opposta alla propria vera natura, con le tragiche conseguenze che ciò comporta. Quando Gertrude risponde, mentendo, alla richiesta sulle autentiche ragioni della sua scelta al Vicario venuto a indagare (formalmente e secondo procedura!) sulla sua autentica vocazione: «Il motivo, è di servire Dio, e di fuggire i pericoli del mondo», innalza un eterno monumento alla menzogna e condanna se stessa alla definitiva infelicità.
Verrebbe da dire: altri tempi! Anche in considerazione di un recente episodio reso noto alla Vigilia di Natale, dove un padre e un fratello hanno tentato di rapire a Milano la figlia che voleva farsi suora. I due hanno cercato di caricare con forza la giovane nella loro auto, per riportarla nel paese d’origine, in provincia di Avellino. La ragazza, che voleva farsi suora malgrado la famiglia fosse contraria, sebbene drogata dalla madre che gli aveva somministrato in casa un sonnifero a tradimento, è riuscita a divincolarsi e a chiedere aiuto ai passanti.
Come si vede, due storie di segno apparentemente opposto ma dal significato comune, avendo al loro centro, come già detto, il tentativo di far violenza ad una vocazione (se l’episodio di questi giorni si confermerà nei termini e nei modi in cui è stato raccontato dalla stampa!): per il “mondo” e per la vita ordinaria nel primo caso, per un’esistenza consacrata e contemplativa nell’altro. Ma quello che rende ancor più emblematico l’episodio di questi giorni è semmai da ricercare nel significato che oggi si attribuisce automaticamente e praticamente da tutti quanti ad una scelta considerata insensata e di cui (forse!) vergognarsi. Avendo probabilmente preferito quella famiglia che la figlia diventasse piuttosto una escort o una che mostra il corpo in televisione. Un segno ulteriore del decadimento non già spirituale ma anche solo etico e morale cui soggiace tristemente il nostro mondo.