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In questa sede s’è avuto già modo di ricordare la necessità di affrettarsi nel predisporre una formazione adeguata e radicale di se stessi, al fine di non farsi cogliere impreparati dagli eventi rovinosi che si addensano sull’orizzonte della nostra società. Anche apporti parziali, quali possono essere la lettura di un libro o la contemplazione di un’opera d’arte, contribuiscono a rendere meno ottusa la nostra comprensione degli avvenimenti che si svolgono intorno a noi. A patto che l’utilizzo di simili mezzi venga eseguito con un corretto atteggiamento e un’adeguata disposizione interna.
È significativo e appropriato al nostro caso quanto affermato da Coomaraswamy a proposito dell’atteggiamento odierno nei confronti dell’opera d’arte, che «si può paragonare a quello di un viaggiatore che, al cospetto di un cartello indicatore, ne ammira l’eleganza, si dà da fare per sapere chi l’ha fatto, e infine lo stacca e decide di usarlo come soprammobile». E questo è un pericolo sempre in agguato, quando ci si accosta a determinati temi e a determinate letture soggiacendo alla “maledizione di Medusa”, costretta a pietrificare e rendere muto e inanimato qualunque oggetto su cui posa lo sguardo. Il pericolo dell’intellettualismo e dell’accademia che affligge tantissimi “uomini di cultura” è proprio questo; mentre nel lettore medio non titolato scade, spesso e volentieri, in forme di collezionismo compulsivo, che fanno la fortuna di tanti venditori.
Se la cultura non si traduce in Conoscenza, utile a “esprime, istruire e spronare”, tutto viene vanificato, e il “cartello stradale” di cui parlava Coomaraswamy, non verrà usato per lo scopo per cui è stato fatto, che è quello di indicare una direzione; essendo compito nostro quello di prendere quella direzione, se è la nostra, e percorrere la strada fino in fondo. Senza deviare, senza tentennamenti e senza portarsi addosso inutili zavorre!