IL DIRITTO DI NON SAPERE
Schiacciati e sopraffatti dalle vagonate di sterco riversate dal mezzo televisivo, riguardo a fatti di cronaca la cui violenza efferata viene minuziosamente analizzata e indecentemente presentata ad un pubblico sempre più avido di particolari morbosi e aspetti torbidi, si rischia di perdere ogni senso della misura e del limite, chiedendo sempre di più e non accontentandosi oramai dell’allusione appena accennata all’atto cruento, che fu proprio della tragedia greca.
Se è vero, com’è vero, che “dietro ogni violenza esiste il male”, il lenzuolo steso sulle vittime riverse nel loro sangue sul selciato, riveste quell’atto di umana pietà di un significato anche protettivo e difensivo per colui che assiste alla scena. Un vero e proprio gesto rituale, paragonabile ai riti di preparazione alla guerra o alla caccia che caratterizzano tutti i popoli la cui esistenza veniva ritmata dal sacro.
Già in un articolo del 1938 sulle “Moralità ebraiche”, Julius Evola parlando di Charlie Chaplin considerava «sintomatico il suo interessamento morboso per casi criminali:si riferisce, che il caso Leopold-Loeb, che sono i due figli di milionari ebrei di Chicago che, per puro sport, uccisero un loro compagno, lo occupò morbosamente per settimane». Ci ha d’altronde sorpreso il constatare la regolarità con cui l’esperto di cose militari e di terrorismo del Corriere della Sera alterna, ai suoi scritti “militari”, reportage dall’America su delitti particolarmente efferati e su episodi di cronaca cruenta e su psicopatici criminali.
Di fronte a questo bombardamento mediatico, il cui risultato finale non può che essere quello di lasciare indifesa ed esposta ad ogni tipo di influenze la coscienza degli esseri umani, risultano preziose le parole di Solzenicyn ricordate nello scorso numero di Heliodromos: «“Tutti hanno il diritto di sapere tutto” (slogan menzognero per un secolo di menzogna, perché assai al di sopra di questo diritto ce n’è un altro, perduto oggigiorno: il diritto per l’uomo di non sapere, di non ingombrare la sua anima divina di pettegolezzi, chiacchiere, oziose futilità. Chi lavora veramente, chi ha la vita colma, non ha affatto bisogno di questo fiume pletorico di informazioni abbrutenti)».