Per un pugno di voti
Posto che da sempre il potere politico è stato detenuto da minorità d’individui che hanno cercato d’imporre il loro punto di vista alla nazione – indipendentemente dal sistema politico all’interno del quale questi si muovessero, e dall’epoca storica in cui vivessero –, mettendo in opera azioni per piegare i sudditi a delle idee e comportamenti talvolta a loro estranei o incomprensibili; la vera differenza l’hanno sempre fatta i principi ispiratori di ogni singolo regime, i fini da raggiungere, il modello da realizzare. E, di conseguenza, il giudizio sull’élite dominante e la sua legittimità non può prescindere dall’individuare il suo “azionista di riferimento”.
Nelle società tradizionali questo andava ricercato nel Cielo e nelle influenze spirituali che dal Cielo si riflettevano sulla Terra. Nel sistema democratico, venuto a predominare negli ultimi due secoli presso le nazioni moderne, si è man mano passati da un vago richiamo al popolo, per conto del quale (a parole!) si sviluppava la dialettica politica e si prendevano le decisioni governative, all’asservimento verso i circoli ristretti dell’alta finanza, nei cui confronti i governanti in modo sempre più chiaro e manifesto hanno assunto il ruolo di servitori e maggiordomi. I privilegi del gruppo dominante non sono dunque criticabili in sé, rappresentando questi un tempo solo il corollario e il segno di un prestigio poggiante si basi superiori e spettanti al ruolo svolto; ma essi diventano insopportabili e fonte di discredito nel momento in cui si riducono a ricompensa per il servilismo nei confronti del potere economico.
Chi si richiama alla Tradizione non può dare credito alla democrazia, alle sue false rappresentazioni e ai suoi vuoti rituali. Perché un sistema che si basi sui moti instabili delle convinzioni sentimentali, indirizzate dalla propaganda, dalle illusioni, dalle esteriorità, dallo scalpore e dal grido scomposto, non può sicuramente proporsi come soluzione e rimedio per gli squilibri e gli sconvolgimenti attuali. Per ottenere il consenso della nazione, cambiale in bianco sulla quale estorcere la firma degli elettori, si è allora disposti a creare nuove esigenze, esasperare antiche necessità, promettere il soddisfacimento di ogni desiderio: anche se dovesse trattarsi di cose contrarie all’igiene e alla legge naturale. Quando dovrebbe essere a tutti chiaro che, invece, la felicità si raggiunge non accumulando i piaceri ma riducendo i desideri. Va dunque tolta la fiducia e sottratto il sostegno a coloro che perpetuano l’inganno, prendendo piuttosto il fermo proposito di guidarsi da sé o di farsi guidare da altri che dimostrino di andare seriamente e coerentemente nella direzione opposta.
È per questo che noi, non essendo contagiati dall’infezione democratica – a differenza di tanti altri camerati addirittura tentati dal “Grillo Parlante” o strumentalmente dal ghigno sinistro di Marco Pannella –, anche stavolta, coerentemente, ci rifiutiamo di prendere parte alla prossima farsa elettorale: non mettendo piede in un seggio elettorale, né tanto meno appassionandoci per i miserabili calcoli che alcuni fanno sull’opportunità di annullare la scheda, lasciarla bianca o sostenere il nemico del nostro nemico. Il nostro unico nemico, perché nemico e negazione della società tradizionale, è il sistema democratico; e prenderne in qualunque modo parte lo consideriamo un atto di tradimento, prima di tutto verso noi stessi.