Il 16 marzo 1978 in Via Fani a Roma veniva sequestrato da un commando delle Brigate Rosse, con un’azione terroristica in cui vennero trucidati gli uomini della scorta, il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro; tenuto poi prigioniero per 55 giorni, prima di essere assassinato dai suoi sequestratori. L’attacco armato suscitò un grande clamore, e rappresentò un salto di qualità nella stagione terroristica che da diversi anni insanguinava il Paese, seminando lutti e dolore.
Ma, per noi che da lì a poco avremmo dato vita ai “Centri Studi di Formazione Tradizionale – Heliodromos”, si può dire che il fatto passò praticamente inosservato, perché il giorno precedente, il 15 marzo, eravamo stati colpiti da un lutto improvviso: la scomparsa di Rinaldo Gentile, uno dei membri più attivi, preparati e intelligenti della nostra comunità. Partito da Siracusa (dove risiedeva coi suoi genitori e la sorella) in pullman per Catania (dove frequentava la Facoltà di Medicina e dove lo attendeva la sua ragazza), appena sceso in Piazza Teatro Massimo della città etnea, Rinaldo si accasciò fra le braccia della fidanzata, stroncato da un malore all’età di soli 25 anni. Era come se il clima di odio, di violenza e di pettegoli rancori “femminei” di cui era impregnata l’aria (interna ed esterna!) — culminato l’indomani nell’agguato di via Fani, con la sua devastante potenza di fuoco — si fosse abbattuto mortalmente su una persona mite e dalla spiccata sensibilità, che aveva fatto da parafulmine.
Egli, gentile di nome e di fatto (come lo definì Gaetano), era stato un perfetto modello ed esempio di militante del Fronte della Tradizione, unendo la grande preparazione dottrinaria ad una connaturata vocazione politica, che non gli faceva trascurare nemmeno il più piccolo dettaglio: il vestiario scelto accuratamente come una divisa da mostrare con orgoglio (la giacca di tipo militare verde indossata in risposta all’eskimo dei “sinistri”); la capillare diffusione di libri e pubblicazioni d’area nella cerchia dei camerati; la scelta “etologica” del luogo di pubblico ritrovo, quasi a voler stabilire un controllo visibile del territorio (un angolo di Corso Gelone, a Siracusa, dove dava appuntamento agli elementi di destra con cui era in contatto); le riunioni settimanali di carattere formativo (la lettura commentata di Rivolta contro il mondo moderno di Evola, che diventava un vero e proprio esercizio di concentrazione); la cura della persona e dell’aspetto fisico, nonché del regime alimentare, basato sull’astinenza dalla carne di maiale; la tessitura di relazioni con i vari gruppi d’ispirazione tradizionale (siciliani e nazionali); la frequentazione del “Fronte della Gioventù” e della sede siracusana del MSI, alla ricerca di giovani validi da ricondurre sulla “retta via”, strappandoli alle grinfie di furbi politicanti interessati solo ed esclusivamente alla propria carriera elettorale; le scritte murali tracciate di notte (come i “Viva Evola” che riempirono Siracusa in occasione della scomparsa del Barone); e tutte le altre piccole azioni quotidiane improntate all’unificazione ed alla coerenza, dove veramente il “personale” andava a coincidere con il “politico”.
La necessità di aprirsi a più ampie prospettive di quanto potesse offrisse l’angusta provincia siciliana (e Siracusa in particolar modo!), lo spinse a prendere contatto col Centro Studi Evoliano di Genova, diretto dal professore Renato Del Ponte, per un indispensabile confronto di conoscenze e scambio di esperienze e informazioni, utili a far crescere il piccolo gruppo che era riuscito ad aggregare; partendo dal contatto epistolare, per poi giungere all’incontro diretto. Ecco un estratto di una lettera che gli scrisse Renato Del Ponte il 18 settembre 1975, in risposta ad una sua precedente missiva:
Leggo con piacere che Lei ha individuato quale può essere oggi uno dei più grandi pericoli per gruppi di ispirazione tradizionale: quello che vi si infiltrino elementi, tendenze o semplicemente “letture” che sotto un manto apparentemente tradizionale e rispettabilissimo nascondono “superiori occulti” ben diversi e pericolosi. È proprio il caso di riviste come “Vie della Tradizione” o, peggio, di “Solstitium”. Dirò subito che “Vie della Tradizione” è diretta e governata da un gruppo di “massoni di destra”, in buona o cattiva fede non importa, che avrebbero la pretesa nientemeno di “rettificare” tradizionalmente la massoneria, agendo su alcune sporadiche logge siciliane che sarebbero sotto il loro controllo. Errore gravissimo e pericolosissimo: chi entra coscientemente in contatto con certe forze, ne è prima o poi assorbito, volente o nolente, e poi fa il gioco delle “forze occulte” nei confronti dei residui gruppi autenticamente iniziatici o perlomeno tradizionalmente a posto oggi esistenti. Se “Vie della Tradizione” ha pubblicato anche articoli positivi (come quelli di J. Evola e di pochi altri), ve ne sono anche altri di illustri massoni, come quell’Ambesi, autore di “Storia della Massoneria” (De Vecchi editore) e quel Gastone Ventura, nientemeno che Gran Maestro dei Martinisti e dell’Ordine massonico di Menfi e Misrain (rito massonico pseudo-esoterico).
Per “Solstitium” il discorso è un po’ diverso: ritengo che chi vi sta dietro sia ancora molto più pericoloso, ma che per fortuna (se le cose però non cambieranno) la loro portata sia più limitata. Si tratta di un gruppo romano in cui sono confluiti elementi dell’ex gruppo dei “Dioscuri”, dedito ad oscure pratiche magiche o forse sataniche (le due cose spesso, specie in certi ambienti coincidono), in cui probabilmente l’elemento rituale etrusco (è tutto dire) aveva gran parte, e nominalmente diretto da quel tale Sergio Bonifazi, espulso dal CSE nell’estate 1973 per deviazione ideologica pericolosa o peggio: si tratta di un elemento psichicamente debole facilmente preda di esaltazioni e di cambiamenti di umore. Fu nostro gravissimo errore (e l’esperienza negativa ci è stata poi utile e lo sarà ancora più nel futuro) servircene nel periodo 1971-73 a Roma, per il solo motivo che in quella città non avevamo nessuno che potesse sotto certi aspetti minori (andare in librerie, vedere persone, ecc.) rappresentare il CSE: fu gravissimo errore, poiché quella persona fu poi facile preda di elementi diretti dalla massoneria (la quale, non potendo agire direttamente sul centro del CSE, cercava, spesso riuscendoci, di degenerare e di snaturare gli elementi periferici, spesso meno preparati e la cui funzione era spesso contingente; è questo il motivo principale per cui per misura precauzionale dal gennaio 1975 sono state ufficialmente abolite le sezioni periferiche del CSE), la quale, pur non figurando, si serve del gruppo di “Solstitium” per screditare Evola. Infatti coi loro poco ortodossi atteggiamenti e la loro scarsa serietà, col loro ridicolo atteggiamento pseudo-pagano, questi signori provocano un danno enorme, fanno attribuire alle teorie di Evola quello che è solo il frutto del loro cervello bacato di frustrati (sia in senso spirituale che fisico: basta vedere qualcuno dei suddetti elementi): i risultati già non mancano. Si veda lo squallido spettacolo offerto da quei signori al funerale di Evola, si vedano alcuni loro deliranti scritti che loro dicono “ispirati” da Evola, si veda infine persino il grossolano falso di alcuni scritti che loro dicono “dettati” da Evola, senza naturalmente poterlo dimostrare. A chi giova tutto ciò, è ben chiaro…
Già se ne sono accorti certi ambienti cattolici retrivi, come il Centro Mordiniano di Roma, che non hanno perduto l’occasione di screditare Evola tramite gli scritti e l’operato di costoro. Già Evola nell’estate 1973 ci aveva rivolto l’invito a isolare l’operato di queste persone: da cui il comunicato apparso nel Bollettino n° 15, Marzo 1974. Se qualche scritto in “Solstitium” (come anche, per altro verso, in “Vie della Tradizione”) può sembrare in ordine, è proprio allo scopo di attirare nel vortice dell’antitradizione persone in buona fede che tuttavia non abbiano ben maturato certi concetti (è il caso di molti giovani) e che ignorino la realtà sempre attuale di certe forze occulte, come la massoneria (è il caso, purtroppo, di quasi tutti).
A questa lettera Rinaldo scrisse la seguente risposta in data 31 ottobre 1975, che riportiamo integralmente nonostante la lunghezza, essendo l’unica cosa scritta (se si escludono 3 articoli di cui diremo tra poco) di lui rimasta:
Gentile Prof. Del Ponte,
rispondendo alla sua del 18/9/75, tengo (anche a nome dell’intero gruppo) innanzitutto a ringraziaLa per gli estratti del Bollettino n° 8 e per le molte notizie forniteci.
Le Sue informazioni sono risultate utilissime in quanto hanno dato una conferma ai nostri vaghi sospetti.
Infatti sentivamo da tempo la necessità di avviare rapporti più stretti con qualche gruppo qualificato e la nostra scelta (anteriore alla conoscenza, per mezzo di ARTHOS, del CSE) era caduta proprio sul gruppo di “Vie della Tradizione”, e quello che fa capo al “Centro Librario Diapason”. Al proposito vorremmo aver da Lei definiti alcuni particolari.
Quanto a “Vie della Tradizione”, ci domandiamo infatti, come J. Evola, pur conoscendone gli animatori, abbia avallato con i propri articoli un programma di dubbia finalità, nonché abbia continuato ad avallare il medesimo, nonostante fossero apparsi sulla rivista articoli come quelli sui vari simbolismi massonici, tendenti a rivalutare in senso tradizionale la sconsacrata massoneria attuale, dovuti ad un certo Griffin (uno pseudonimo?).
Abbiamo, per inciso, notato come, dopo la morte del Maestro, si sia verificata l’apparizione di articoli subdolamente antievoliani (si veda l’articolo di Petriccione sul N° 18 della rivista, quando, a pag. 103, con evidente malafede, afferma che Evola “parla soltanto di ‘Stato organico’ più che di ‘Santo Regno’ evidentemente posponendo la funzione anagogica a quella organica” (sic!).
Ma lo stesso Petriccione in “Europae Imperium” anno II n° 2 Sett.-Ott. 1972, nel suo articolo “Il Simbolismo Cavalleresco dell’Arte Regale della profezia sulla venuta del Terzo Federico”, così scriveva a pag. 49: “…il Sacro Monarca beneficamente dirige ed armonizza in via sottile i pensieri e le aspirazioni del popolo in una unità organica che è propriamente la realizzazione del “Regnum”, o “Stato organico”, o “Regno dei Cieli”, o anche presso gli ebrei, ‘Regno messianico’”. Ciò basti!
Riguardo a “Solstitium”, gradiremmo sapere in che rapporti questo gruppo sia con il “Centro Librario Diapason”, dal momento che quest’ultimo mette in vendita “ARTHOS” (che è invece assente dal Catalogo delle Edizioni Europa) il quale ha violentemente stigmatizzato gli scritti e le finalità degli pseudo-tradizionalisti di “Solstitium”.
Tra l’altro, alcuni anni fa, nel 1969, conoscemmo personalmente, in seguito all’attività dell’allora nascente “Centro Librario Edizioni Europa”, l’instancabile A. Borracino che, per quello che abbiamo potuto sapere, in seguito ad attriti con altri responsabili delle “Edizioni Europa”, è stato tra i fondatori del “Centro Librario Diapason”. Essendo questa la persona cui noi ci saremmo rivolti per contatti con Diapason, gradiremmo, dopo quello da Lei saputo, avere notizie sulla sua presente attività, nonché sulla sua “ortodossia”.
Inoltre ci interesserebbe avere notizie (scusi la gran mole di domande, ma sentiamo la necessità di spazzar via le nebbie che ancora ci impediscono di definire alcune importanti vicende) sull’attività della Fondazione EVOLA, che nel N° 7 di ARTHOS è stata definita “partiticamente compromessa”.
Siamo rimasti enormemente perplessi, nonché sdegnati, per le vicende che hanno accompagnato e seguito la fine di J. EVOLA, ed in particolare per il funerale e gli oscuri tentativi d’impedire l’esecuzione delle sue disposizioni, e pertanto La pregheremmo di fornirci, se Le è possibile, notizie un po’ più dettagliate.
Tra l’altro, a proposito di queste vicende, si inseriscono alcuni nostri sospetti circa il ruolo svolto dal Dott. Procesi, la cui firma è legata a quel torbido e sincretistico articolo (di sapore chiaramente massonico) apparso sui Numeri 8 e 9 di “Vie della Tradizione” (in risposta al quale, probabilmente, Lei si riferiva nella nota all’articolo di R. GUÉNON, “Problemi della Tradizione”, apparso sul N° 3 di ARTHOS.
Passando ad altro argomento, lo scritto di F. Elias de Tejada, apparso sul N° 12-13 di “Civiltà”, ha riproposto i gravi dubbi sul suo “tradizionalismo”, minato a nostro avviso da gravi limiti, impostigli dal suo “integralismo cattolico”; tanto che per questo autore vale quanto da Lei giustamente detto su P. M. Virio nella Sua precedente lettera e cioè che “non è del tutto utile alla formazione tradizionale di un giovane”. Infatti la presenza di un suo scritto, sul N° 4-5 di ARTHOS dedicato al Maestro (nel quale, dopo averne riconosciuto — bontà sua — gli enormi meriti, passa ad una critica della sua opera basandosi su un assurdo dualismo tra Creatore e creatura, degno non certo della “Tradizione” cui ARTHOS si rifà) è stato fonte di rigetto da parte dei migliori e di confusione nei meno preparati (parlo del nostro gruppo).
Vorremmo inoltre fare alcune considerazioni sull’articolo di E. Tey, apparso sul N° 7 di ARTHOS, dal titolo “Odino e la mors triunphalis”, articolo che ha ingenerato parecchie perplessità (sempre nei meno preparati, i quali sono stati indotti ad assolutizzare le “tragiche” conclusioni cui porta il suddetto articolo) non tanto per l’analisi specifica dell’argomento, quanto per il fatto che non v’è stata alcuna premessa circa la prospettiva entro la quale va considerata la tradizione nordica della quale tratta l’Autore.
Ci chiediamo infatti, quando a pag. 106 è detto che “Dei ed eroi sono tutti pronti ad accettare il Destino negatore senza flettere minimamente. Questa ci sembra essere aurea e terribile l’essenza della tradizione nordica”, quanto di “aureo” e quindi di “primordiale” possa esservi in questa visione “tragica” dell’eroismo. Inoltre, più foriera di fosche interpretazioni sembra, a nostro avviso, essere la conclusione dell’Autore quando dice che “l’accettazione del crepuscolo è obbligatoria per il guerriero, che in questo atto si identifica con il Destino stesso”, cosa che evidentemente non può trovarci consenzienti in quanto il guerriero non può che tendere a realizzare in sé l’Assoluto, con questo atto ponendosi al di là dello stesso Destino [Destino con la lettera maiuscola come Storia, Progresso, ecc.??] sinonimo della “necessità”.
La pregheremmo quindi, qualora dovessero uscire altri articoli su tradizioni che non si rifacciano, se non in forma degenerata, alla Tradizione Primordiale (e ciò mi sembra il caso della Tradizione Eddica) di correlarli con una specifica nota esplicativa, tendente a svincolarli dal valore di assolutezza che altrimenti potrebbero assumere, ingenerando pericolose confusioni nei meno preparati.
Dopo questi nostri brevi “appunti” riguardanti l’unico articolo, a nostro avviso, non perfettamente “in regola” apparso finora, vogliamo ringraziarLa per l’ottima iniziativa di “Controstoria” sul n° 8 di ARTHOS tendente a rivalutare i ”reazionari” dell’epoca della Restaurazione italiana e, sempre nello stesso numero, per l’esauriente recensione-critica sull’opera di De Giorgio “La Tradizione Romana”, che ci ha aiutati a meglio inquadrarla. (Abbiamo tra l’altro notato con piacere il miglioramento della copertina, diventata plastificata).
Vorremmo poi chiederLe notizie circa le Edizioni di AR: dal momento che l’Editore Freda, colpito dalla repressione del sistema, è ormai da molto tempo in carcere, ci chiediamo infatti se le suddette Edizioni continuano la loro attività editoriale e se hanno in programma la ristampa di alcune loro opere ormai praticamente irreperibili. Inoltre, qualora ciò fosse, Le chiediamo come potremmo procurarci un catalogo delle suddette edizioni.
Riguardo al nostro gruppo, pur se come Lei afferma “il pericolo che tutto svanisca come neve al sole” è sempre possibile, tuttavia al momento attuale, anche se fra tante difficoltà, soprattutto di natura economica, vi è un fervore e una volontà di non poco conto. Infatti, grazie proprio alla nostra “presenza” si affaccia la possibilità di un lavoro di selezione nell’ambiente più vasto ed eterogeneo che ruota intorno alla Destra locale. Non nascondiamo le mille difficoltà sul conciliare il tutto con lo studio, nonché sul distruggere nelle nuove leve le varie “superstizioni” che la civiltà moderna ha loro inculcato, ma gli orizzonti che si schiudono sono davvero considerevoli e forieri di futuri sviluppi, dei quali La terremo debitamente informata.
Per concludere, sentendo la necessità di stringere rapporti con persone qualificate, vicine a noi “spazialmente”, La preghiamo, qualora ve ne fossero (specie, ovviamente, in Sicilia) di segnalarcele.
In attesa della Sua risposta Saluti Tradizionali
Rinaldo Gentile
P.S. L’abbonata di Catania (S. Reale Daidone) gradirebbe sapere se nella suddetta città esistono altri abbonati ad ARTHOS. Grazie!
In queste righe c’è tutto Rinaldo, con la sua capacità di curare anche il più piccolo dettaglio e di porre quesiti mai banali.
In breve tempo i rapporti col CSE e con Del Ponte si intensificarono sempre più; furono sottoscritti un numero considerevole di abbonamenti alla rivista “Arthos” e vennero acquistati numerosissimi volumi, che andarono ad incrementare le singole biblioteche dei militanti siciliani; con grande soddisfazione da parte del direttore del CSE. Come dimostra una nota apparsa sul “Bollettino del Centro Studi Evoliano” n° 17 dell’Aprile 1976: «Degni di particolare menzione sono i membri del CSE della provincia di Milano, in cui si è arrivati alla cifra di 66 abbonati; ma anche a Siracusa — in cui alla diffusione della rivista si accompagna una massiccia distribuzione e vendita di nostri libri — si è fatto e si sta facendo un ottimo lavoro».
Seguirono poi degli incontri personali con la direzione e i membri del CSE: in occasione del Consiglio Nazionale, tenuto dal 26 al 27 giugno 1976 in provincia di Alessandria; e l’anno successivo in Piemonte (Pinerolo), quando venne scattata la foto posta in apertura del presente scritto, nel corso di una visita alla Sacra di San Michele in Val di Susa, dove sono riconoscibili, da sinistra a destra: Musso, l’editore di Arktos Giovanni Oggero, lo scrivente, Gian Paolo Borello (colui che condusse personalmente sul Monte Rosa l’urna con le ceneri di Evola), Rinaldo Gentile (con la barba e gli occhiali), un membro del CSE di cui ci sfugge il nome, Renato Del Ponte, Alfonso De Filippi (con la pipa in bocca) e, accosciato, Mario Migliori. Nello stesso periodo, lo scrivente partecipò ad un campo estivo del Centro Studi Evoliano in Val D’Aosta, sulle montagne dirimpetto al Monte Rosa, come rappresentante inviato dal gruppo siracusano.
Intanto, nel 1976 era uscita una nuova pubblicazione rivolta ai più giovani, come supplemento ad Arthos, dal nome Raido (da non confondere con l’omonimo gruppo tuttora in attività a Roma), curata da Nico Crea (i cui futuri sviluppi “di loggia” poco coincideranno con le preoccupazioni sopra manifestate!), alla quale Rinaldo collaborò con tre articoli firmati con pseudonimo: La nostra visione della vita, firmato Asen e pubblicato sul n° 3 di Raido (maggio-agosto 1976); Sul concetto di Autorità e di Stato, firmato Alfredo Rainaldi (n° 4, settembre-ottobre 1976); La dottrina delle 4 età, Alfredo Rainaldi (n° 5, novembre-dicembre 1976). Anche per la diffusione di questa pubblicazione comparve su Raido un annuncio che faceva riferimento «ai ragazzi della provincia di Milano e a quelli di Siracusa, per l’ottimo lavoro svolto». Ribadito sull’ultimo numero uscito (n° 6, gennaio-dicembre 1977), dive si comunicava che «Non si concedono più forme di “deposito” per il nostro giornale. […] eccezione sarà fatta, per il momento, esclusivamente ai diffusori di Genova, La Spezia, Treviso, Firenze, Prato, Ascoli Piceno, Reggio Calabria, Catania e Siracusa – la loro serietà e puntualità non lasciando dubbio alcuno».
L’impegno profuso da Rinaldo aveva dato i suoi frutti, e la sua morte colpì anche la direzione di Arthos, che sul numero 16 (Novembre 1977 – Marzo 1988, ma in realtà stampato nel mese di Agosto 1978) gli dedicò il seguente trafiletto: «Stupore, cordoglio ed infinita commozione ci ha provocato la notizia della improvvisa scomparsa — a 25 anni! — del nostro giovane entusiasta amico e collaboratore Rinaldo Gentile di Siracusa, al cui instancabile attivismo dobbiamo la diffusione — superiore alle nostre speranze — di “Arthos” nella Sicilia orientale. I più vivi sensi di condoglianzadi tutta la Redazione ai genitori straziati ed ai fedeli amici, che esortiamo a seguirne l’esempio di coraggio ed umile devozione alla causa tradizionale».
Nel frattempo — a dimostrazione del fatto che quando si comincia a “camminare” in una determinata direzione, imponendosi delle regole ben precise, si finisce per trovarsi con quanti stanno facendo il medesimo percorso — c’era stato l’incontro con Gaetano: tramite proprio quell’abbonata di Catania ad Arthos cui aveva fatto riferimento Rinaldo in chiusura della lettera a Del Ponte; la quale (di famiglia fascista, essendo stato il padre l’autista di Farinacci) gestiva un negozio di prodotti macrobiotici insieme al marito paracadutista, essendo entrambi vicini all’ambiente ordinovista catanese.
Gaetano, reduce dall’esperienza dei “Dioscuri” da poco cessata, chiamò a raccolta le varie realtà d’ispirazione tradizionale e della destra radicale presenti in Sicilia, per dare nuovo impulso al Fronte della Tradizione. L’intero gruppo di Siracusa, con Rinaldo in testa, aderì immediatamente a questa nuova opportunità, trovando tutti noi una salda guida ed un metodo operativo che metteva definitivamente in discussione ogni elucubrazione mentale e tutti i possibili catechismi confessionali; puntando, piuttosto, sulla verifica quotidiana e sul lavoro interiore misurato dai fatti concreti. L’efficacia di una tale scelta ci ha permesso di intraprendere la “meravigliosa avventura” che continua tutt’ora, consentendoci di attraversare i decenni mantenendo sempre la barra dritta sul sentiero dell’onore e della fedeltà, nella direzione delle salde terre del mondo della Tradizione. Sfuggendo, fra l’altro, e non è poco, alle trappole ad ai richiami del “gatto terroristico” e della “volpe spionistica”, allora tanto attivi e tanto prossimi a certi ambienti a noi limitrofi.
Rinaldo non fece in tempo a vedere la nascita della nostra rivista, alla quale avrebbe sicuramente potuto fornire un contributo fondamentale, viste le qualità da lui dimostrate negli anni che gli sono stati concessi di vivere. E proprio su un numero dell’allora “Bollettino interno dei Centri Studi di Formazione Tradizionale” (Heliodromos N° 12, gennaio-febbraio 1981), Gaetano gli dedicò il seguente ricordo, col quale ci sembra giusto chiudere questo scritto commemorativo:
«Rinaldo Gentile è stato uno dei primi aderenti all’iniziativa lanciata da Heliodromos, di cui in breve divenne uno dei più validi promotori. Trovava il tempo per portare a compimento, e con pietas, tutti i suoi impegni, che diventavano sempre più gravosi man mano che l’iniziativa si sviluppava. Aveva un modo di parlare e di operare calmo e dolce, la sua scomparsa fu per tutti un duro colpo: per la sua famiglia, per i suoi confratelli e per quanti lo conobbero come amico e camerata. Uno dei suoi confratelli trovò il modo di fare sentire ancora viva e operante la presenza di Rinaldo, a se stesso e al Gruppo, assumendosi quella parte di lavoro e di attività che LUI aveva svolto con proficuo amore. E questa è stata la forma più pura per testimoniargli stima. Noi ricordiamo Rinaldo ora, dopo tre anni dalla sua scomparsa, per testimoniargli un legame che va al di là dei sentimenti e del tempo. Quando uscirono i primi numeri di Heliodromos era ancora vivissimo in noi il rammarico per la sua dipartita, e non volevamo fare un necrologio carico della retorica del sentimento, che Rinaldo non avrebbe gradito. Egli che per vari anni visse in un clima di fervida spiritualità, ha lasciato le sue spoglie vuote, andandosene con tutto il suo essere. Questa tensione, questa direzione verso la Trascendenza, che si è saputo dare nella vita e nella “morte”, è il più bel ricordo che ci resta di Rinaldo».