Essa discese su di te dalle regioni superiori,
quella celebrata, ineffabile, gloriosa, celeste colomba.
Era celata agli occhi di tutti coloro che volevano conoscerne la natura,
eppure non porta velo e sempre appare agli uomini.
Riluttante ti cercò e si unì a te; ma, benché si affligga,
è probabile che ancor di più resisterà a lasciare il tuo corpo.
Si oppose con tutte le forze e lottò e non volle essere vinta in fretta e furia;
eppure si unì a te, lentamente si abituò a questo deserto desolato,
finché dimenticò, come penso, i luoghi dell’infanzia e la sua promessa,
nei giardini e boschetti celesti, che era stata costretta a lasciare.
Finché, quando fu annotata la D della sua discesa verso il basso
e verso la terra, verso la C del suo centro, andò riluttante,
l’occhio dell’infermità la colpì, ed ecco essa fu scagliata
in mezzo alle stazioni di posta e alle case in rovina di questo deserto.
Piange quando pensa alla sua casa e alla pace di cui godeva,
e le lagrime le scendono dagli occhi senza requie né pausa,
e con dolente malinconia ripensa alle cose perdute
a quali tracce della sua casa i quattro venti avranno lasciato.
Spesse reti la trattengono, ed è forte la rabbia in cui
è tenuta prigioniera e impedita dal ricercare l’alto e spazioso cielo.
Finché, quando si avvicina l’ora del volo verso casa,
ed è per essa tempo di tornare alla sfera più ampia,
canta di gioia, poiché il velo è sollevato, ed essa vede
cose che non possono essere osservate da vigili occhi.
Su un’alta cima essa gorgheggia i suoi canti di lode
(poiché anche l’essere più umile può contribuire alla conoscenza).
E così torna, consapevole di tutte le cose occulte del mondo,
mentre nessuna macchia contamina i suoi ornamenti.
Ora, perché in tal modo fu in basso precipitata,
dall’alto nido all’oscuro abisso del più remoto nadir?
Fu Dio a inviarla per qualche scopo sapiente,
nascosta agli occhi inquisitori del cercatore più acuto?
Allora la sua discesa è una penitenza sapiente ma severa,
così che possa apprender le cose di cui non ha mai avuto notizia.
Così è lei che il Fato depreda, mentre la sua stella
tramonta infine in un luogo lontano dal suo sorgere,
simile a un bagliore di fulmine che lampeggiò sui prati,
e, come se non fosse mai esistito, dileguò in un attimo.
Avicenna