Pur rappresentando il Confucianesimo (”pilastro dell’etica e della politica cinese”) il versante exoterico della tradizione estremorientale, rivolto a tutti indistintamente essendo relativo alle applicazioni pratiche sociali — quello esoterico consistendo invece nel Taoismo, riservato ad una élite e relativo alla pura spiritualità — esso non è una religione come la si intende comunemente, trattandosi piuttosto di una metafisica che è possibile comprende soltanto praticandola. Negli Analetti (raccolta di testi confuciani di argomento storico, giuridico, teologico o religioso) tradotti da Ezra Pound, è detto: «Un uomo privo di umanità, può questo essere un rito? Può esserci armonia in un uomo privo di umanità?» E siccome c’è chi crede che nella Cina comunista ci sia stato un recupero del pensiero di Confucio, traendo quel Paese la sua forza proprio dal fondamento nell’antica saggezza, basterà ricordare che “non può esserci armonia in un uomo — e, di conseguenza, in uno Stato — privo di umanità”. L’uso strumentale da parte del regime comunista cinese di riferimenti storici e culturali che sembrerebbero rimandare all’antica saggezza somiglia molto all’impiego che presso l’Occidente capitalistico si è fatto di testi come il Libro dei 5 anelli o di certe tecniche realizzative come lo yoga, per “motivare e rafforzare” i manager dell’industria e gli speculatori finanziari, impegnati nella lotta all’ultimo sangue per il profitto ed il guadagno materiale. Lo stesso ragionamento lo si può, d’altronde, fare a proposito delle arti marziali, anch’esse d’origine orientale, le quali possono essere usate non solo a fin di bene, ma anche a scopo malefico e criminale. In fondo, quello che veramente conta da questo punto di vista rimane sempre e solo il tipo di direzione che viene data a determinate forze e all’intenzione che le muove, in base all’influenza spirituale che le ispira e le indirizza.
Un precursore della rivoluzione comunista cinese, Ch’en Tuhsiu, già nel 1915 dichiarava che: «Se vogliamo sostenere la democrazia siamo costretti a opporci al confucianesimo, al codice dei riti, alla castità delle vedove, all’etica tradizionale, alla politica di un tempo; e per sostenere la scienza siamo obbligati a combattere le arti tradizionali, la religione tradizionale; e per sostenere la democrazia e la scienza dobbiamo ribellarci al cosiddetto retaggio nazionale e alla vecchia letteratura». Il pensiero delle guardie rosse maoiste mostrava, fin dalle origini, la propria adesione completa e totale alla modernità sovversiva nel momento in cui pretendeva di fare la “rivoluzione familiare”, la “rivoluzione per le pratiche funebri”, la “rivoluzione per la libertà e l’uguaglianza tra padre e figlio”. Basandosi — come ci ricorda Evola in una appendice de Gli uomini e le rovine — sul pensiero marxista-leninista, sulla lotta all’imperialismo, sulla concezione collettivistica, sul culto della personalità dei capi, sul mito del progresso, sul disprezzo per la persona comune, sulla rivoluzione (anti)culturale, sull’industrializzazione esasperata, sul capitalismo di stato, sulla ricerca della civiltà del benessere e dei consumi, e nel voler ottenere alla classe operaia i vantaggi già raccolti dalla classe borghese con la Rivoluzione francese e la Rivoluzione industriale, la Cina comunista si avviava nella direzione diametralmente opposta a qualsiasi concezione metafisica e ad ogni saggezza tradizionale.
I simboli esprimono sempre verità profonde, e quello scelto per la bandiera cinese (cinque stelle d’oro in campo rosso), è particolarmente emblematico. Il colore del comunismo è lo sfondo sul quale sono raffigurate le 5 stelle gialle, di cui una più grande. Quest’ultima rappresenta la guida del partito popolare cinese e la cooperazione delle quattro classi, ed è affiancata ad altre 4 stelle più piccole che simboleggiano le quattro classi sociali: operai, contadini, piccola borghesia e capitalisti patriottici. Del tutto assente è qui, come si vede, qualunque riferimento, non solo agli Antenati, ma a classi e persone collocabili minimamente al di sopra della piatta orizzontalità materiale.
La “spinta propulsiva” del comunismo cinese consistette in campagne per rettificare l’arte e la letteratura, colpendo l’erudizione accademica, con generiche motivazioni moralistiche basate sullo spirito di umanità e fraternità; che avrebbe in seguito trovato una ancor più tragica emulazione nel genocidio cambogiano, sotto Pol Pot. Il grande balzo in avanti lanciato da Mao Tse-tung fu un esasperato programma di sviluppo tecnico ed economico dell’industria e dell’agricoltura, accelerato per percorrere «vent’anni in un giorno». E siccome i contadini per Marx non erano proletari, essendo legati a radici troppo salde per poter essere divelte facilmente, si diede vita alle comuni del popolo, basate sulla distruzione del sistema patriarcale, riconvertito in lavoro casa e pasti in comune, dove l’orario lavorativo andava da 12 a 20 ore giornaliere, e che si proponevano di irregimentare le campagne con lo slogan: «Ogni contadino è un soldato!». Non meno devastante risulterà, poi, la forzata pianificazione familiare, con la politica del “figlio unico”.
L’antica rivalità russo-cinese, dettata da profonde ragioni geopolitiche, lottando entrambi per il possesso dell’Asia centrale e degli enormi territori che la compongono, le frontiere comuni e le regioni contese, già presente al tempo della Russia zarista, si è riproposta, a dispetto della comune ideologia comunista, anche con l’Unione Sovietica, quando i compagni russi, approfittando degli scontri ai vertici del potere cinese e lo stato di caos determinato dalla rivoluzione culturale, furono sul punto di lanciare un attacco militare oltre i confini cinesi, nella primavera del 1969. Ma questo attacco venne “sventato” in seguito ad una conferenza tenutasi a New York, dove la difesa del regime cinese fu presa dal senatore democratico Arthur Goldberg, presidente dell’American Jewish Committee, e dal senatore repubblicano Jacob Javits, presidente onorario del Jewish War Veterans e vice presidente dell’Indipendent Order of B’nai B’rith. Di fatto, si ammoniva Mosca a non prendere iniziative contro la Cina senza tener conto di Washington (e di Tel Aviv!), fornendo ai cinesi precise garanzie contro la minaccia russa. L’eventuale rafforzamento militare sovietico verso est avrebbe, infatti, garantito alla Russia il possesso del “cuore del mondo” (la vasta steppa a cavallo degli Urali), sul quale il teorico geopolitico Halford Mackinder aveva ideato la nota formula: «Chi tiene l’Europa orientale tiene lo Heartland; chi tiene lo Heartland controlla lo World Island (Europa, Asia, Africa); chi tiene questa isola del mondo controlla il mondo intero». In questo modo, però, gli USA si preoccupavano solo di contenere e limitare l’Unione Sovietica, gettando al contempo le basi — non sappiamo quanto involontariamente — per l’ascesa della Cina al ruolo di massima potenza mondiale; anche in conseguenza della successiva “diplomazia del pingpong” inaugurata nel 1972 dal Segretario di Stato americano Henry Kissinger sotto l’amministrazione Nixon.
Il sistema capitalistico, che si era affermato in Inghilterra già dalla fine del ‘700 — grazie alla disponibilità delle materie prime razziate e depredate alle colonie dall’impero britannico e al ricorso agli schiavi negri in America — aveva sostituito alla produzione artigianale la fabbrica e al lavoro dell’uomo la macchina. L’economia comunitaria del villaggio era stata sopraffatta dall’urbanizzazione di enormi masse di contadini e artigiani, trasformati in operai salariati e, a loro volta, ridotti a schiavi di padroni crudeli. Soprusi e ruberie coperti dal governo centrale che, in seguito alla rivoluzione, era finito nelle mani dei nuovi speculatori. A questi infami precedenti si è sempre ispirato il comunismo, come nuovo gestore dello sfruttamento della popolazione soggetta al dominio assoluto e spietato dei funzionari di partito. Andando entrambi (capitalismo e comunismo) ad incarnare quella “Bestia senza Nome”, ricordata da Evola quasi un secolo fa in Americanismo e Bolscevismo uscito sulla “Nuova Antologia” del 1929.
Con l’essere umano diluito e disintegrato nel collettivo e nella folla sono state create le premesse per la definitiva distruzione di ogni autonomia e qualità, la scomparsa di qualsiasi anelito superiore e la rimozione dell’inutile “ingombro spirituale” nella persona meccanizzata, ridotta ad un ammasso di ingranaggi, dove la putrefazione marcisce tutto ciò che è organico e naturale. Del resto, da sempre l’ideologia, nel momento in cui si sostituisce alla Conoscenza ed alla Verità, finisce per calpestare e negare la natura e le sue leggi immutabili, creando disastri e traumi dolorosissimi nell’essere umano e nell’ambiente circostante, pur di far coincidere la realtà con le sue premesse antiumane.
Stando così le cose, non deve sorprendere più di tanto il ripiegamento filo-capitalistico degli ex comunisti, essendo quel tipo umano caratterizzato dalla totale assenza di un centro e di solidi valori di riferimento, per cui gli è del tutto congeniale indossare, di volta in volta, l’abito più alla moda del momento. Da proletario a globalista incallito il passo è molto più breve di quanto si possa pensare! Trovando a sua volta, dall’altra parte, la massima “comprensione” del capitalista per ogni dittatura comunista che ha martoriato diverse popolazioni mondiali, per il reciproco tornaconto e grazie alle comuni radici materialistiche e alla medesima visione del mondo e della vita: sradicamento cosmopolita, esaltazione della plebe, impoverimento della fantasia, soffocamento di ogni vitalità, distruzione di ogni fede religiosa, tracimazione razionalistica, senilità funerea, incapacità di rivolta, trionfo ed affermazione dell’uomo mediocre e del nanismo esistenziale.
Se la Russia postsovietica ha trovato in parte la sua redenzione nel recupero delle radici religiose e spirituali, non è attualmente ipotizzabile un esito uguale per la popolazione cinese. Qui il lavoro di cancellazione del carattere sembra essere andato ancora più in profondità, grazie ad un’ampia diffusione del benessere materiale che nel cinese — al pari dell’americano e dell’europeo medio — vede l’entusiastica adesione al conformismo democratico, per cui tutti oramai mangiano le stesse cose, ascoltano la stessa musica, guardano gli stessi spettacoli e gli stessi film, vestono allo stesso modo, pensano le stesse idee. Il fanatico democratico, essendo animato solo dal sentimentalismo e dalla pesantezza della materia, non riesce a lasciare tranquilla la gente, sentendo costantemente il dovere di predicare il suo credo, convinto del suo obbligo verso gli altri per convertirli, purificarli, elevarli al suo livello morale, che egli non dubita essere il più elevato.
La conferma definitiva, del resto, ce l’ha data il modo in cui è stata affrontata la pandemia. Con l’unica differenza che il regime cinese non si è dovuto mascherare dietro l’ipocrisia “democratica” per applicare gli spietati piani di controllo della popolazione, con l’alibi dello “Zero Covid”; proponendosi, piuttosto, come modello ed esempio universale per instaurare la società postumana vagheggiata dalla “Bestia senza Nome”. Si narra che non avremo nulla (abitazione, mezzo di trasporto, conto in banca, focolare domestico e dignitosa morte) e vivremo felici, che dipenderemo dal “credito sociale” e che ogni diritto potrà essere sospeso in qualsiasi momento, che saremo controllati in ogni spostamento e nel modo di pensare, che consisteremo in un numero all’interno di un database informatico; perdendo, in definitiva, ogni qualità ed ogni caratteristica che sono sempre state proprie della condizione umana. Tutto già fatto o in via di attuazione in Cina, come si vede!
Forse gli eventi in corso di svolgimento in seguito alla crisi russo-ucraina potrebbero indurre, erroneamente, a considerare la potenza mondiale cinese un utile alleato contro il monopolio anglo-americano. Ma se essa, pur giocando strumentalmente la partita per conquistarsi un ruolo egemonico all’interno degli equilibri geopolitici mondiali, continuerà a percorrere la strada intrapresa, risulterà alla lunga un pilastro fondamentale e del tutto solidale col tipo di società in cui è destinata a vivere l’Umanità dei tempi ultimi; mostrando a sua volta di non avere, com’è sempre successo del resto col colonialismo occidentale, alcun rispetto per i popoli presso cui si esercita la sua intrusione, sfruttandoli economicamente e cancellandone qualsiasi ricordo degli antichi retaggi, assegnati a ognuno di loro dalle Leggi eterne ed inviolabili del Cielo e della Natura.