Il tracollo istituzionale cui si è assistito è qualcosa di veramente incredibile, difficilmente prevedibile nelle forme sfacciate della sua esecuzione così come nella rapidità del suo svolgimento. Leggi infrante, costituzioni calpestate dai suoi stessi custodi, diritti fondamentali completamente ignorati, il tutto con una totale disinvoltura, con una semplicità disarmante e per di più con l’accordo unanime di tutti gli organismi di garanzia e controllo. Sarebbe troppo semplice, per spiegare la cosa, utilizzare la metafora di un edificio glorioso, grande e nobile che, vittima degli anni e dell’incuria, è finito poi per crollare sotto l’impeto di una straordinaria tempesta. Edificio che, dopo aver svolto degnamente la sua funzione, è dovuto soccombere di fronte a cause di forza maggiore, o al massimo è stato guastato da custodi negligenti; edificio il cui progetto, elaborato da sapienti architetti, è ancora un ideale da seguire per ogni ricostruzione futura.
Niente di più sbagliato.
Questo sarebbe un errore di valutazione che non farebbe altro che sviare le energie verso falsi obiettivi, vuote chimere senza più senso. L’insuccesso non è stato dovuto a una mancata applicazione degli ideali o a un tradimento dei medesimi, l’insuccesso era già scritto per il semplice fatto che tutto il sistema vigente non era nient’altro che un’illusione. Quello che è stato fornito fino a poco tempo fa era un insieme di privilegi e concessioni totalmente arbitrario e artificiale, spacciato come “inalienabile diritto” e frutto di un processo storico di continuo progresso. Insieme che poi è evaporato, dalla sera alla mattina, lasciando attoniti coloro i quali ancora ammiravano – illusi – il favoloso spettacolo. L’edificio grande e nobile, in cui si è creduto di vivere così bene fino a ieri, non è stato abbattuto da una tempesta o mangiato dalle termiti. Semplicemente non è mai esistito. Era solo una scenografia, uno sfondo pitturato con architetture maestose, con arredamento e materiale di scena, popolato da attori e comparse. E i tesori, i sacri valori fondativi, i “diritti inalienabili”? Si scopre alla fine che era solo paccottiglia, cianfrusaglie senza valore, imitazione di oggetti preziosi di tutt’altro tipo.
Questo era il mondo in cui si è vissuti fino adesso. Questa era la normalità a cui molti vorrebbero tornare. Ma non ci si ritornerà più, perché questa normalità è stata portata via dagli stessi che l’avevano data. Ecco perché è inutile parlare di ideali non attuati o traditi, qui si sta trattando solo di finzioni. Generazione dopo generazione è stato concesso di vivere in questo ambiente, dando l’illusione agli inquilini di essere non solo i padroni di casa, ma anche i costruttori della medesima. Ogni tanto avveniva qualche sconquasso o qualche piccolo cambiamento, ma tutto poi tornava alla normalità, con la consapevolezza accresciuta di essere realmente padroni di qualcosa. Ma adesso che tutto sembra crollare c’è ancora qualcuno che si scandalizza rimpiangendo il recente passato dove c’erano la “libertà” e i “diritti”. C’erano perché servivano, era la scenografia per la recita. Adesso non servono più e sono finiti nel deposito delle robe vecchie.
Nel periodo storico in cui stiamo vivendo si è avuta la fortuna di vedere gli operai al lavoro nello smantellare tutto il materiale di scena. Quello cui si è assistito è molto importante perché ci permette di comprendere il meccanismo della finzione. Il teatro è in fase di ristrutturazione, per cui possiamo aggirarci per il cantiere e osservare quanto c’è al suo interno. Le armi e le armature di latta, le montagne di cartapesta, i gioielli di metallo pitturato, i diamanti di vetro si mostrano in tutta la loro miseria, nel loro squallore di oggetti fasulli, inutili, privi di valore. Vediamo anche gli attori, che in attesa della conferma del contratto, servono miseramente gli impresari della compagnia teatrale. I loro alti ideali, la libertà, l’uguaglianza, la fraternità, non sono altro che questo, così come le loro altisonanti declamazioni sui principi e la morale non sono altro che il copione di una recita.
Dobbiamo far capire questo anche a chi adesso è scandalizzato e urla al tradimento (il tradimento non c’è mai stato perché nessuno è mai stato dalla parte del popolo). Chi ragiona in questi termini crede ancora che quello cui sta assistendo sia un fatto vero e non una finzione. Atteggiamento sbagliato che porterà una volta finita la crisi e ristrutturato il teatro, ad assistere al nuovo spettacolo credendolo ancora vita reale. Bisogna far comprendere che la vera lotta non sta nel cambiare gli elementi della scena o gli attori, ma nel cambiare la percezione dello spettatore stesso, nel fargli voltare le spalle e abbandonare il teatro. L’occasione è importante. Nella misura in cui gli stessi “sacri valori” sono stati disprezzati dai loro propagandisti e difensori ora costoro non possono più pretendere la stessa obbedienza di prima. Questi idoli artificiali, rispettati “per contratto” ora non hanno più alcun valore. Dobbiamo impedire che ne vengano imposti altri, non perché rivogliamo i precedenti, ma perché denunciamo tutto l’apparato come impostore e ne rifiutiamo completamente l’autorità e la legittimità. Prima che a valori marci ne subentrino altri ancora più marci dobbiamo agire per la liquidazione di tutto il loro mondo, incominciando a costruirne uno nuovo solo per noi. Solo così si avrà qualche speranza di riuscire a fare cadere veramente il regime tirannico che da almeno due secoli ci tiene prigionieri nel suo fantasmagorico labirinto e che ogni volta riesce a ingannare, cambiando di forma e colore, riproponendosi sempre come nuova alternativa a se stesso – ruota in perenne mutamento – sempre diversa e pur tuttavia sempre uguale.