La stretta di mano
Abbiamo già avuto modo di prevedere che stringersi la mano diventerà a breve un gesto rivoluzionario e un segno di riconoscimento fra i “cospiratori” del futuro, cioè tutti coloro che sfrontatamente si oppongono al nuovo galateo sanitario. Del resto, il particolare accanimento attualmente esercitato contro ogni tipo di contatto umano — fra cui la stretta di mano rappresenta l’esempio più antico e il più universale di tutti — travalica qualunque sensata motivazione igienicosanitaria, mostrandosi per quello che è: un provvedimento dispotico e vessatorio destinato ad ottenere risultati del tutto diversi da quelli indicati. Ai governanti (i “perfetti e inutili buffoni” cantati da Battiato, lautamente remunerati per svolgere l’infimo ruolo di servili passacarte), evidentemente “qualcuno” ha ordinato di adottare queste demenziali parodie di saluto che si stanno cercando di imporre — con grandi spiegamenti di mezzi e ricorrendo a noti testimonial, al fine di renderle normali e farle pedissequamente adottare dall’intera popolazione — senza la necessità di alcuna spiegazione; visto lo scarsissimo acume mentale e la totale mancanza di un pur minimo pensiero critico e di qualunque visione d’insieme della massa di codardi, su cui ha buon gioco la campagna terroristica dei mezzi d’informazione.
Già il lavaggio compulsivo delle mani, proprio di maniaci psicopatici, dovrebbe indurre a riflettere sulle valenze simboliche del gesto: indicatore infallibile della rinuncia ad assumersi ogni responsabilità ed a fare la propria parte; pienamente in linea con l’attuale predominanza, a tutti i livelli, della “razza dell’uomo sfuggente”. Del resto, se la stretta di mano è sempre stato il miglior modo per percepire e cogliere la natura ed il carattere dell’interlocutore che si ha di fronte, essendo forse possibile fingere di essere quello che non si è attraverso la semplice espressione facciale o quella verbale, ma risultando praticamente impossibile simulare una stretta di mano energica e sincera (quando non v’è traccia di energia e di sincerità in chi la compie!); nella società delle finzioni social e della menzogna dilagante, più che un vantaggio, il contatto epidermico diventa un autentico rischio, non sanitario ma bensì in quanto rivelatore dell’autentica intima natura di ognuno.
Al di là degli oramai degradati e folkloristici “toccamenti massonici”, che sono comunque indice di antiche sopravvivenze dall’alta valenza simbolica, darsi la mano destra ha sempre rappresentato un segno d’amore, di amicizia, di integrità ed onestà; venendo tale segno comunemente adottato in tutte le società civili per indicare un cuore fedele e sincero. Perfino Gesù Cristo, in punto di morte, rimette il suo Spirito nelle mani del Padre; così come il bimbo smarrito ed esitante acquista sicurezza dalla stretta protettiva della mano della madre o del padre, che lo guidano nella vita. E presso i Romani si pensava che la sede propria della Fede, o fedeltà, fosse nella mano destra; e la divinità corrispondente era talvolta raffigurata da due mani destre congiunte; per cui la mano destra era considerata dagli antichi come una cosa sacra. Ed è lo stesso Virgilio (Eneide, IV, 596) a ricordarci che: «En dextra fidesque» (Nella destra la fedeltà!); e ancora, lamentando Enea l’occultarsi e il sottrarsi a lui della madre Venere (Eneide, I, 408–409), si chiede: «Cur dextra iungere dextram/non datur ac veras audire et reddere voces?» (Perché alla destra congiungere la destra non posso, e udire e rispondere vere parole?)
E nel medesimo ordine d’idee, John Potter, arcivescovo di Canterbury, nelle sue Antichità della Grecia, annotava che: «In ogni patto e accordo era consuetudine stringersi la mano destra, tale essendo il modo d’impegnarsi a mantenere la parola; atto che veniva compiuto o per onorare il numero dieci, come alcuni dicono, dieci essendo le dita delle due mani; oppure perché tale congiungimento era un Segno d’amicizia e concordia, donde in tutti gli incontri amichevoli si stringevano le mani come segno dell’unione delle loro anime». Mentre Pitagora, come riferisce Giamblico nella sua biografia del filosofo, ammoniva i suoi discepoli dicendogli “bada a chi porgi la mano destra”.
La mano è, del resto, anche sinonimo di potere (“tenere in mano”, “detenere”); mentre imporre le mani comprende il significato di benedire e trasmettere forza salute e guarigione, sia nella preghiera che nella consacrazione. Nell’Islam, poi, le cinque dita della mano indicano: la rivelazione della fede, la preghiera, il pellegrinaggio, il digiuno e la carità. E chiedere la mano di una fanciulla, come si sa, implicava l’intenzione di farne la propria sposa, con la quale si andava a costituire il nucleo base essenziale di ogni società sana e ben orientata. Nei patti e nei giuramenti, infine, un ruolo non secondario veniva svolto proprio dal gesto della mano alzata ed aperta, che conservava il medesimo significato del saluto al Sole di molti popoli, come i Pellerossa o gli antichi Romani.
Tutto questo nasceva dalla effettiva presenza di rigorose corrispondenze fra macrocosmo e microcosmo, per cui la mano, gerarchicamente, nel corpo umano adempie all’insostituibile funzione mediatrice fra l’elemento superiore e quello inferiore, fra l’intelletto e la parte materiale, rappresentando essa la forza attiva mediante la quale la causa prima si rende manifesta. Per questo la chiromanzia (l’antica scienza della lettura della mano, come del resto la fisiognomica in generale) — prima di scadere ad esercizio truffaldino di fattucchiere e improbabili maghi televisivi — aveva la capacità di cogliere nelle impronte celesti presenti nelle mani di ognuno la doppia verità del carattere e del destino proprio di quella persona. Nel libro di Giobbe (37:7) è infatti detto: «Egli imprime il suo sigillo nella mano d’ognuno, perché ogni uomo riconosca l’opera Sua». E, va detto per inciso, chiunque abbia la maligna presunzione di approntare una qualche parodia dell’Azione divina, non potrà prescindere dall’imprimere, a sua volta, il proprio di sigillo!
Certo, da un punto di vista superiore — se si considera che lo stato umano è una semplice modificazione transitoria e contingente del Sé — verrebbe da dire che questi sono aspetti parziali ed illusorii, peculiari dell’esistenza di tutti gli “individui” che calpestano la terra, e in comune con lo stato animale; i quali vanno superati, in vista di quella liberazione a cui deve aspirare ogni “persona” degna e onorata: rimuovendo e scrollandosi di dosso gesti e parole, pensieri e opere, propri della vita contingente e ordinaria, affinché si possa liberamente procedere oltre i limiti e i condizionamenti tipici dello stato umano. Ma, fino a quando ci si trova immersi in tale condizione, ed essendo comunque per noi lo stato umano il fondamentale punto di partenza per ogni possibile ascesa e trascendimento, sarà inevitabile affrontare il conflitto insanabile con tutto ciò che comporta l’attuale deriva inumana e antiumana; onde ristabilire, almeno in noi stessi, quelle condizioni minime di normalità che sono il presupposto indispensabile per poterci continuare a guardare allo specchio senza vergogna, lottando con tutte le forze e senza tregua contro le attuali bestialità.