Passata l’isteria, venuta meno l’ottenebrante ossessione che tutto avvolgeva in una strana nebbia di guerra, ci si può finalmente volgere indietro, non tanto per vedere ciò che è rimasto, ma ciò che noi siamo stati in quei frangenti, ciò che la prova del tempo ha estratto dal nostro essere, rivelando qualcosa di più riguardo la nostra vera natura.
Se si pensa a dove si era soltanto un anno fa c’è da rimanere stupiti: sottoposti a ridicole norme preventive (da tutti riconosciute inutili), vincolati da obblighi assurdi, privi di ogni logica nonché estranei a qualsiasi principio di legalità e “ordine costituzionale”, si conduceva una vita sospesa, sognante, con una parvenza di normalità che la rendeva ancora più surreale. In un contesto di paura per qualcosa di astratto, di ricatti concreti e di incertezza su una realtà sempre più sfuggente, si è combattuta una “strana guerra” che invece di essere rivolta verso un “nemico invisibile” sembrava avere come obiettivo l’intero corpo sociale. Con un pretesto si è utilizzata la malattia per imporre nuove norme e condotte di vita, nuovi strumenti di controllo e forme di consenso, perseguitando inoltre in maniera implacabile e apparentemente irragionevole tutti coloro i quali a questo ordine di cose si opponevano. La questione ovviamente aveva un valore più ampio, non riguardando la salute, almeno quella fisica, e molti l’hanno capito. La lotta era a livello di idee o, ancora meglio, di visioni del mondo. Uno scontro aspro, il cui accanimento mostrava, al di là delle dispute su argomenti contingenti, delle ragioni più radicali e dei fini molto differenti da quelli di semplici misure sanitarie.
Poi, improvvisamente, come tutto è iniziato così anche è finito. Si è semplicemente passati ad altro, perché così esigevano le circostanze, la “forza maggiore” che guida l’epoca presente. Qualcuno ancora oggi si attarda a discutere, litigare, ribadire, puntualizzare, ma ormai quello che doveva essere fatto è stato fatto, in tutti i sensi, e resta ora da trarre un bilancio.
Come se n’è usciti personalmente da questa tempesta? Migliori, peggiori, o uguali?
Taluni, i più fortunati, l’hanno attraversata senza accorgersi di nulla, aderendo a ciò che veniva raccontato senza farsi troppe domande, e ora possono dedicarsi alla vita di sempre. A loro non si può rimproverare nulla, perché da loro nulla ci si poteva aspettare. Chi invece ha compreso che la lotta riguardava altro, come si è comportato? È necessario farsi queste domande perché il Male, anche se non si ripresenta mai sotto la stessa forma, continuerà comunque ad esistere e ad agire, sfruttando sempre ogni debolezza che riuscirà a trovare. Trovare i propri punti deboli prima dell’avversario significa rafforzare la frontiera individuale, essere più preparati verso le insidie che in un modo o nell’altro cercheranno di intaccarla.
Fino a che punto si è creduto all’inganno? Quanto ci si è fatti coinvolgere dalla suggestione? Fino a che punto la paura ha influito sulla condotta personale? È importante saperlo, per valutare il proprio intuito, la propria consapevolezza, la capacità di comprensione del mondo e delle forze che lo agitano.
All’interno della grande ipnosi collettiva, quale ruolo si è svolto? Si è contribuito a dissiparla o ad alimentarla? O ci si è fatti trascinare dalla corrente degli eventi? La complicità può anche essere stata involontaria, ma ciò non toglie che questo costituisce una mancanza, non tanto per quello che si è fatto o non fatto, ma per quello che si è stati in quel momento, cioè qualcosa di difettoso, di mancante, che ha permesso alla propria individualità di essere attaccata nei punti più vulnerabili.
Per quanto riguarda poi le fasi successive, quelle della coercizione, fino a che punto ci si è piegati? Si è accettato il compromesso o lo si è rifiutato? Si è creduto che tutto sarebbe tornato come prima con un “piccolo sacrificio”? Oppure si è deciso di andare fino in fondo, allo scontro frontale, per vedere se il Potere avrebbe trasformato le minacce in atti concreti?
Questa è stata una prova soprattutto nei confronti di se stessi, per conoscersi, per verificare fino a che punto i propri principi sarebbero stati in grado di reggere l’impatto con la realtà, di tradursi in esperienza concreta, di dare forma alla vita vissuta. L’esperienza è stata salutare nella misura in cui ci ha messo di fronte a noi stessi, permettendo di capire di che tempra siamo fatti, se al di là di ogni opinione che avevamo di noi, il nostro essere coincideva con l’immagine che fino a quel momento ne avevamo avuto.
In questa crisi c’è stata anche la possibilità di conoscere meglio gli altri, di scoprire il loro vero valore al di là delle apparenze e delle convenzioni della vita sociale. C’è chi non ha capito nulla, chi si è illuso, chi non ha retto alla pressione, alla paura, ai ricatti. Con lo stesso metro di giudizio con cui abbiamo valutato noi stessi dobbiamo ora valutare gli altri, verificando in che misura le loro carenze siano state diverse dalle nostre, più gravi o leggere, se una persona che non stimavamo si è comportata meglio di una che ritenevamo più preparata, se chi doveva mostrare forza ha invece miseramente fallito, se chi doveva capire si è invece fatto ingannare. Sono valutazioni queste che, sia pur spiacevoli, è necessario comunque fare, in quanto è più che giusto conoscere e scegliere le persone con cui condividere il percorso della vita.
Ora che è sopraggiunta una parvenza di pace si tende a dimenticare, e di queste cose non si parla volentieri. Ma non si può ignorare quello che è stato, anche perché tutti gli eventi compiuti comportano conseguenze che in futuro torneranno a manifestarsi, in un modo o nell’altro.
Inoltre, pur essendoci lasciati alle spalle quest’esperienza, ciò non toglie che altre situazioni simili potrebbero sempre ripresentarsi, imponendo scelte forse ancora più nette o dolorose. È necessario quindi fare tesoro di quanto è avvenuto, per non farsi più cogliere alla sprovvista, per essere preparati al meglio, in equilibrio, nel giusto rapporto con se stessi e con gli altri, affinché la resistenza agli assalti possa essere la più efficace possibile, senza sbandamenti o dubbi, mantenendosi fermi nei principi e cercando di fare in modo che siano questi e non le suggestioni esterne a guidare i nostri pensieri e i nostri atti, testimoniando la nostra presenza nel mondo come esseri attivi e non come semplici pedine di un gioco più grande di noi.