Il vero pericolo
Le considerazioni che seguono astraggono totalmente da qualsiasi punto di vista sociale o politico, poiché le questioni sociali e la politica non ci interessano in modo assoluto, ma intendono invece ricondurre i veri cristiani alla visione di ciò che solo dovrebbe interessarli, cioè alla fede che essi hanno nella Trinità Divina di cui è simbolo eterno Nostro Signore Gesù Cristo nella realtà presente del Deus Vivens, del Dio Vivo, operante in questo e in tutti i mondi per la gloria del Signore.Il pericolo che incombe su tutta l’umanità da secoli e che si avvia paurosamente verso la fase risolutiva o, per meglio dire, dissolutiva, è costituito da coloro che negano, falsano o misconoscono il soprannaturale, il divino, la realtà unica ed eterna del Signore, e, più specialmente, nel momento attuale, da coloro che intendono sostituire al complesso enorme di scienza sacra, di riti, di pietà defluenti tradizionalmente dall’universalità del Cristo, una povera, inconsistente, deteriorata e falsa teoria umana e sociale. Essa è così povera, così minima, così errata da non avere alcun diritto di città nel regno dello Spirito che è essenzialmente e assolutamente Spirito di Dio, poiché non vi è intelligenza, non vi è spiritualità vera oltre e all’infuori di Dio. Se i veri cristiani considerano profondamente quanto si afferma, si convinceranno che la Chiesa, cioè gli Eletti, i Maestri, i Santi, i Beati, depositaria della parola di Dio e custode del nucleo tradizionale, non corre, e non può correre, pericolo alcuno. Essa è inattaccabile, invulnerabile, invincibile, essendo, al di là del visibile, al di là del mondo, al di là del tempo, nel dominio dell’eterno, là dove non giunge arma umana, dove il Signore solo regge, impera e regna. Ai nemici, cioè ai falsatori, ai negatori, ai misconoscitori della Verità di Dio – e Dio solo è Verità – si può dire serenamente, equanimemente, sorridentemente, come a dei poveri e deviati bimbi riottosi: Fratres, non prevalebitis!
Si rassicurino dunque i veri cristiani sull’integrità della Chiesa che nessuna forza umana potrà intaccare, menomare o, tanto meno, distruggere. Essi, i nemici, sono nella carne, nella materia, nel mondo e non possono operare che sulla carne, sulla materia, sul mondo, mentre la Chiesa è nello spirito, fuori dalla materia, al di là del mondo, dinanzi al Tabernacolo – dice S. Paolo (Ebrei IX, 11) – maggiore e più perfetto, non manufatto, non di questa creazione. Si convincano dunque tanto i veri cristiani quanto i nemici dei veri cristiani, che Dio e le cose di Dio non si toccano, per il fatto stesso che sono immateriali, incorruttibili, eterne. In senso assoluto non vi è quindi alcun pericolo perché il fronte vero, il fronte della Chiesa, è fronte di Dio. Questo lo aveva già urlato, per volere suggerimento e opera di Dio, Platone.Eppure il pericolo vi è, in questo mondo, in questa carne, in questa materia, ed è incombente, instante, terribile: si può dire che il nemico è alle porte, alle porte del Tempio, nel Tempio stesso, vociferante, urlante, contaminante, abbattitore. Donde viene questo nemico, chi lo ha fatto sorgere, chi gli ha fornito le armi, chi lo ha lanciato al preteso assalto della Città Santa? La risposta è breve, netta, terribile: noi! I nemici sono infatti nell’errore, nel falso, in un’esteriorità ingrandita fino al punto da eliminare gradualmente e distruggere ogni interiorità, nell’umano, che, svelto dal divino, cessa di essere umano, per divenire subumano, innaturale, bestiale. Insomma i cristiani, diminuendo sempre più l’interiorità della loro tradizione, hanno necessariamente dato origine all’errore, all’esteriorità umana e sociale che tenta di occupare tutta l’area sacra, spazzando tutto, natura e Dio. In realtà, giova ripeterlo, essi, i nemici, non toccheranno nulla, non contamineranno nulla, non distruggeranno nulla, perché Dio e le cose di Dio sono al di là di ogni attacco umano; ma opereranno solo sulla carne, sulla materia, su quest’illusione che siamo noi e il mondo, e lì, sicuramente, profaneranno, elideranno, schiacceranno. Per quei cristiani dunque che temono per la carne, per la materia, il pericolo vi è, ed è vicino, minaccioso, incalzante. Ma se i nemici, com’è chiaro a chiunque voglia solo essere ragionevole, li abbiamo fatti sorgere noi, dalla nostra deflessione, dal nostro allontanamento progressivo dalla Croce, dal nostro venir meno, in tutti i campi, dal Tempio alla strada, alla legge, all’amore di Dio, è naturale che il rimedio vada cercato in noi, e la responsabilità vada addossata a noi. Il Cristo non può essere tradito da chi L’ignora, da chi è fuori, ma da chi Lo misconosce, Lo trascura, Lo tradisce, cioè dai pseudocristiani, dai maledetti tiepidi, da coloro che offendono Gesù Cristo nel segno di croce, nella preghiera, nella S. Messa, nel prossimo che essi lasciano al bestiale umanitarismo dei loro nemici, permettendo che la divina carità cristiana sia sostituita dal fetido sentimentalismo umano e sociale di coloro che ignorano, misconoscono, negano Dio. Se i cristiani fossero stati veramente cristiani, se avessero prima di tutto compreso la difficile e vertiginosa dottrina cristica e avessero cercato di viverla e di farla vivere in conoscenza e in amore, in culto del vero Dio e in amore del prossimo, non vi sarebbe neppure un nemico di Dio, della Chiesa, nel mondo, neppure una mano sacrilega si leverebbe a sciogliere il segno di croce, neppure una voce interromperebbe l’inno di lode al Signore che deve prorompere da tutta la natura, sgorgare da tutte le bocche, fiorire in tutti i cuori, ma soprattutto in quelli di coloro che soffrono di schiavitù, di malattia, di fame.La sofferenza, la schiavitù (in tutte le sue forme di… libertà), la miseria, ci deve essere, ed è grande, provvidenziale, benedetta, perché fa fiorire il miracoloso fiore della carità dentro di noi, come conoscenza di Dio, e fuori di noi, come amore del prossimo, ma è dovere assoluto dei meno poveri, degli abbienti, dei ricchi, di dare, di dare, di dare senza misura, senza ritegno, per far dimenticare ai poveri che essi sono ricchi, per farsi scusare da Dio di essere i privilegiati del fango della terra, che rimarrà fango finché essi non lo trasformino in oro, l’oro della vera carità che è conoscenza, amore, preghiera, pietà, offerta, dono, ed è vera, grande, bella com’è vero, grande, bello Dio che l’ha posta nelle menti, nei cuori, nelle mani degli uomini perché Lui conoscano, Lui amino, Lui benefichino, di Lui vivano. Diano tutti, offrano tutti, senza ritegno, senza paura, cogli occhi sulla Croce, cogli occhi inchiodati sulla Croce, i poveri, i non poveri, i benestanti, i ricchi; diano, aiutino, sorreggano, non lesinino, comprendano il pericolo che preme, urge, incalza. Carità è conoscenza di Dio, è amore di Dio, è preghiera, è adorazione, è esaltazione del Dio Vero, del Dio Vivente, è riconoscimento del prossimo, a cui non si deve mentire, che si deve sostenere, aiutare, seriamente, profondamente, non buttandogli le briciole, come si fa ai cani, non lasciandogli il superfluo.
Guido de Giorgio