Distanziamento sociale e
fratellanza spirituale
Quella che si sta assemblando oggi, artificiosamente e giorno dopo giorno sotto i nostri occhi, assume sempre più il carattere inequivocabile di una civilizzazione meccanica ed antiumana, fondata su una forma di barbarie sociale e politica in cui, attingendo ad Ortega y Gasset, l’uomo eccellente («colui che esige molto da se stesso»), viene soppiantato dall’uomo volgare («colui che non esige nulla, ma si contenta di ciò che è, e rimane ammirato di se stesso»), disposto a sacrificare ogni libertà, di cui non sa cosa fare, pur di allungare di un giorno la propria misera ed inutile sopravvivenza terrena. La radicale sostituzione del paradigma su cui si basava l’esistenza di ognuno solo alcuni mesi fa, è indice del tentativo di una vera e propria svolta epocale, che fa pensare ad una ulteriore, definitiva tappa dell’azione antitradizionale, di cui ci ha magistralmente reso edotti René Guénon.
Per rimanere all’evo moderno, qualcosa di simile e di altrettanto estremo e definitivo è avvenuto con l’Umanesimo, introdotto dalla Peste Nera che chiuse il Medioevo, conducendo alla dissoluzione politica che ha sbaragliato l’Impero sostituendolo con le Nazioni; la dissoluzione religiosa e spirituale marchiata dalla Riforma protestante; la dissoluzione antropologica, artistica e culturale rappresentata dal Rinascimento: dopo il quale periodo niente è veramente più stato come prima. Fino a giungere, attraverso l’Illuminismo, alla Rivoluzione francese, compimento del lavorio dei secoli precedenti e culla di ogni successiva tendenza sovversiva e antiumana.
La crescente qualificazione in negativo (che sarebbe più giusto chiamare “squalificazione”) degli agenti umani che si sono resi strumento e portatori dei germi dissolutivi, con l’accesso ai vertici degli organismi statali e delle istituzioni pubbliche di esseri sempre più “difettosi”, dediti a vizi, depravazioni e perversioni più o meno nascosti, ha avuto come contraltare la crescente inadeguatezza e la mancanza di impeccabilità di coloro che avrebbero dovuto contrastare quei processi, riducendosi questi ultimi a compiere e organizzare semplici atti di reazione. Ricorrendo, dunque, ad un atteggiamento passivo e perdente, perché chi reagisce parte da una posizione di debolezza, avendo già comunque preso “gli schiaffi e i pugni”, e ritrovandosi a combattere sul terreno scelto dall’avversario.
Il fatto è che alle civiltà fondate sui principi tradizionali, come lo sono state per la nostra area quella romana e quella medioevale, in cui l’uomo assumeva ancora un ruolo attivo, facendosi al contempo ricettore e trasmettitore delle influenze spirituali che quelle realtà animavano, sono succedute espressioni sempre più parziali e incomplete come, per rimanere alle tappe sovversive prima ricordate, la Controriforma della Chiesa cattolica, il Legittimismo controrivoluzionario ottocentesco, fino ad arrivare ai Fascismi europei del secolo scorso: ultimi trasmettitori del testimone e della fiaccola di un fuoco sempre meno puro e vivo.
Venendo ai giorni nostri e guardando all’attuale farsa sanitaria, tutti coloro che provano meritoriamente a sottrarsi — con sfumature diverse e punti di vista non sempre conciliabili fra loro — al belante coro del gregge atterrito dal virus, non stanno in fondo facendo altro che “rispondere” e “reagire” alla narrazione ufficiale del potere farmaceutico e dei suoi infami servitori, accettandone gli argomenti e il terreno di scontro, a cominciare dalla battaglia dell’informazione. Forse qualcuno si sentirà ancora libero ed in pieno possesso delle proprie facoltà intellettive, solo perché il Potere gli consente (ancora per poco, vedrete!) di sbizzarrirsi col sarcasmo e con l’ironia — come sempre amplificati nei momenti di crisi e difficoltà —, prendendo in giro elementi marginali e periferici dell’intera orchestrazione. Riducendosi, così, ad utilizzare i medesimi temi con cui è stata costruita questa immane finzione, provando solamente ad invertirne il significato, e a spiegarne i dati e i contenuti da un punto di vista parziale; mancando ai più lo sguardo d’insieme, che solo può derivare dalla conoscenza delle leggi cicliche tradizionali. Con l’aggravante di cadere nella sindrome democratica, che pretende di comunicare la verità a chiunque, in ragione della necessità sentimentale di condivisione unanime e collettiva. Quando dovrebbe essere oramai da tempo acquisito che vale la pena dirsi le cose solo fra chi parla la stessa lingua.
Il voler salvare tutti (anche coloro che non hanno nessuna voglia di essere salvati!) e il conseguente proselitismo, nascono, in fondo, dal fatto che ci si senta legati a tutti, indistintamente; colpevolmente ignorando — almeno coloro che possiedono una formazione tradizionale e antimoderna — quanto affermato a suo tempo da Evola, il cui insegnamento risulta quanto mai prezioso e decisivo in momenti come l’attuale che vede il prevalere della confusione e del disorientamento, in una delle sue frasi più citate: «A partir da un dato punto, non più per il sangue, non più per gli affetti, non più per la patria, non più per un umano destino potrai ancora sentirti unito a qualcuno. Unito ti potrai sentire solo con chi è sulla tua stessa via».
Come ci indicano i dati tradizionali, alla fine dell’attuale ciclo dell’umanità dovrà necessariamente realizzarsi l’inversione parodistica di ogni principio e di ogni istituzione, politica o religiosa che essa sia, a partire dalle stesse caste, soggette ad una inevitabile “regressione” nel loro ruolo e significato originario, che le condurrà ad un rovesciamento totale, fino al punto che si troveranno a ricoprire le più alte cariche, non solo quelli che un tempo erano i Çûdra, ma addirittura i fuori casta e gli intoccabili, coi quali nella civiltà indù era vietato ogni contatto contaminatore. E quale migliore scimmiottatura di un simile divieto, della parodistica e ridicola introduzione del distanziamento sanitario, come nuova condizione per ogni futura convivenza umana e sociale?
Ritornando quindi alla frase di Evola appena ricordata: “a partir da un dato punto” era già qualcosa che, storicamente, aveva una sua validità oggettiva in relazione alle svolte epocali succedutesi nei secoli passati, ma che assume una definitiva attualità con gli eventi che stiamo vivendo oggi. A maggior ragione, se questo cambiamento opera all’interno delle coscienze, là dove gli eventi esterni rappresentano solo un riflesso di rivolgimenti ben più profondi della misera cronaca quotidiana. Fra gli effetti involontariamente favorevoli della messa in scena sanitaria in atto c’è, comunque, la discriminazione chiarificatrice fra asserviti e oppositori, fra gli acritici e ottusi devoti della narrazione ufficiale e coloro che possiedono un’apertura mentale illuminata dal riflesso della ragione, ancora in grado di farsi delle domande. Con quelli che indossano la mascherina ovunque, convinti di salvarsi la pelle, con quelli che si salutano nei modi più strani, evitando accuratamente gli abbracci e le strette di mano (Gesti diventati, chi l’avrebbe mai detto, rivoluzionari!), con quelli che sanificano anche i pensieri, noi non possiamo avere niente da condividere. Ed il discorso vale, in particolare, per i cosiddetti partiti, movimenti, circoli e iniziative di “destra”, non meno allineati degli altri: per la convenienza, la paura e l’evidente mancanza di fede e coerenza con quel che si afferma a parole. Almeno avessero il coraggio di salutarsi romanamente, piuttosto che sgomitare come ubriachi!
Per cui, “non più per il sangue” ci si potrà sentire congiunti (alla faccia dei decreti ministeriali!), considerato lo sfaldamento e gli attacchi che hanno subito i legami familiari e ogni discendenza genealogica, privando la società della sua unità di base e di uno dei suoi maggiori punti di forza e di stabilità. Col risultato che possono venire a determinarsi più saldi legami con persone esterne alla famiglia di appartenenza piuttosto che con gli stessi fratelli naturali, quando ad un’unione di tipo orizzontale e naturalistica subentra un’unione verticale e spirituale, in vista di progetti ed interessi superiori comuni, che trascendano l’utile economico ed ereditario. E, soprattutto, “non più per gli affetti”, vista l’attuale vacuità dei legami sentimentali, dove prevale l’interesse e l’egoismo personale, a discapito dell’amorevole dedizione e dell’altruismo disinteressato, perché l’amore autentico non è qualcosa di freddo, di astratto, di indifferenziato, di calcolato e finalizzato a un ritorno materiale. Esso è vivo, caldo, intenso e fortificante. Di conseguenza, nemmeno “più per la patria”, degradata al rango di nazione e comitato d’affari, essendo venuto meno il ruolo del Padre, da cui quella prendeva il nome ed il significato, con l’imposizione dei suoi limiti (del consumismo in generale e degli altrettanto consumistici “diritti”) e delle sue regole, non più funzionali alla società capitalistica, con la naturale predisposizione all’ardimento, al rischio ed al pericolo, alla virilità e al valore, visti come un inutile spreco dalla società in cui dominano, di fatto, le tre Madri (Suspiriorum, Tenebrarum e Lacrimarum); così come “non più per un umano destino”, specialmente se questo ha ridotto la stragrande maggioranza degli individui in pavidi e imbelli polli d’allevamento.
“Unito ti potrai sentire solo con chi è sulla tua stessa via”, diventi allora il vessillo e il motto che deve contraddistinguere il militante del Fronte della Tradizione, a cui è assegnato il compito di testimoniare con coraggio e lealtà lo Spirito (in quanto Realtà Suprema, trascendente, assoluta e illimitata), e di mantenersi fedele ai doveri e alle responsabilità che ne conseguono, impersonalmente e senza guardare ai frutti. Per uscire dal gregge destinato all’inevitabile macello e diventare Gruppo attivo, consapevole, formato e preparato, senza tergiversazioni o rimandi, prima che “giunga l’ora”, pronti a fare la propria parte e ricoprire il posto ad ognuno assegnato, è indispensabile imboccare e percorrere l’aspra Via («per la lunghezza del viaggio e per la fatica della strada», secondo l’esoterismo islamico) che conduce singolarmente alla ricostruzione interiore, e concordemente all’applicazione di una strategia comunitaria finalizzata alla costituzione, anche fisica, di una fortezza e di una repubblica degli amici del sacro e degli uomini di buona volontà, edificata all’insegna di pace serenità e giustizia, nell’infuriare della sconvolgente tempesta dello scontro finale.
Per fare questo e dare una prospettiva dal respiro ampio e onnicomprensivo all’azione da intraprendere, vanno vagliate attentamente le possibilità concrete di intervento nel mondo esterno, rimuovendo ogni romanticismo e fisima del bel gesto (vecchie malattie del nostro ambiente!), puntando esclusivamente a ciò che può realmente servire, soprattutto “per dopo”. Questo significa per noi continuare a fare con coerenza quello che è stato fatto finora, nascendo la nostra azione da un’analisi della realtà compiuta, a suo tempo, alla luce della dottrina tradizionale; in silenzio, col dovuto distacco e la necessaria rinuncia a farsi abbagliare dagli specchietti per le allodole che il mondo moderno ci fa balenare davanti, nelle sue fantasmagoriche e deviate superstizioni tecnologiche e informatiche.
All’inizio della nostra attività esterna come Gruppo di Heliodromos, stampandosi i primi numeri della rivista col ciclostile, dopo un certosino e minuzioso impegno alla macchina da scrivere, venne in mente ai più giovani e “innovativi” fra noi di acquistare una macchina da scrivere elettrica, per facilitare e accelerare il lavoro di composizione; scontrandoci con una, per noi inspiegabile, resistenza da parte di Gaetano, il quale non vedeva assolutamente di buon occhio qualsiasi dipendenza tecnologica. Rifiuto che coinvolse, in seguito, l’uso smodato dei telefoni cellulari, che cominciavano con discrezione a prendere piede, e le prime possibilità offerte da internet. La sua diffidenza nasceva, innanzitutto, da fondati motivi spirituali (non sempre le comodità si conciliano col lavoro interiore e di ascesi, anzi!), e in secondo luogo da una preveggente preoccupazione di cadere vittime di un controllo sempre più invasivo, di cui solo oggi possiamo comprendere la portata (coi nostri continui scambi di messaggi sui social e coi nostri comodissimi meeting su zoom!). E lo scoprire che i latitanti mafiosi evitavano accuratamente l’uso del telefono, ricorrendo agli apparentemente anacronistici “pizzini”, rafforzò significativamente questa sua presa di posizione.
Oggi, che il disgusto per i virologi, i giornalisti e i governanti che pontificano giornalmente in diretta televisiva (servi ripugnanti, cui è stato assegnato il lavoro sporco per l’instaurazione della dittatura sanitaria), farebbe venir voglia di menar le mani e di andare a prenderli a casa ad uno ad uno — infliggendo un “salutare castigo” a chi contribuisce a violare le leggi divine e naturali —, tornano quanto mai utili le parole di Evola, rivolte a suo tempo all’Anarchico di destra: «Certo, se oggi si potesse organizzare una specie di Santa Vehme operante, tale da tenere i maggiori responsabili della sovversione contemporanea in un costante stato di insicurezza fisica, ciò sarebbe ottima cosa. Ma questa non è cosa che una gioventù (e nel mondo attuale, nemmeno uno Stato, ndr) possa organizzare, e d’altra parte il sistema delle difese della società attuale è troppo bene costruito a che simili iniziative non vengano stroncate sul nascere e non vengano pagate con un prezzo troppo alto». Si tratterebbe, infatti, di un infantile ed infruttuoso sfogo sentimentale (passivamente reattivo, come spiegato sopra) che, come ci ha insegnato la stagione del terrorismo interno del secolo scorso e di quello internazionale odierno, non farebbe che rafforzare il Potere dell’Avversario, fornendogli l’alibi per ulteriori restrizioni repressive. Anche se la costituzione di una Unità Operante “Barbalbero”, che si dedichi ad abbattere, per esempio, dieci antenne 5G per ogni albero sradicato, non sarebbe una cattiva idea!
Ma non sarà questo a intralciare il cammino del Nuovo Ordine Mondiale. Se l’attuale sistema crollerà, com’è giusto e naturale che sia, lo farà piuttosto in virtù della sua estrema fragilità e interdipendenza informatica. Probabilmente, nel momento in cui l’estensione del suo potere di controllo e dominio sarà sul punto di diventare assoluto ed esteso a livello planetario, basterà un piccolo guasto o una auspicabile incursione di eroici pirati del web, per bloccare l’ingranaggio e far precipitare questa parvenza di dominio. Un po’ quello che accade a Sauron nel finale del Signore degli Anelli, che sul punto di avere il sopravvento si vede annullare da un momento all’altro la sua “rete” di controllo e dominio, con la semplice distruzione di un oggetto insignificante come può essere un anello. Un granello di sabbia che inceppa l’intero meccanismo, o, se si preferisce, il trionfo dei fabbricanti di “coperchi” contro l’eterno Illuso, fabbricatore di “pentole”.