Contromisure interiori
Mai quanto adesso l’opera e l’esempio di Julius Evola acquistano valore e significato, avendo egli approntato gli “orientamenti esistenziali” contenuti nei suoi scritti in un contesto molto simile a quello nostro attuale (guerra e dopoguerra); risultando, per esempio, di una sorprendete attualità queste sue parole, tratte da Gli uomini e le rovine: «Non vi è accrescimento esteriore economico o prosperità che valga la pena e alla cui lusinga non si debba assolutamente resistere quando controparte ne sia una limitazione essenziale della libertà e dello spazio occorrente a che ognuno possa realizzare quel che gli è possibile di là dalla sfera condizionata dalla materia e dai bisogni della vita ordinaria». Non sempre la sopravvivenza a tutti i costi ha la precedenza sul resto, non dovendo comunque mai prevalere la logica delinquenziale del «o la borsa, o la vita!»: contro cui ogni Uomo e ogni Donna rettamente orientati hanno il diritto e il dovere di ribellarsi e contrastare con ogni mezzo e con tutte le energie a loro disposizione.
Una delle avversità principali, non meno invadente e meno dannosa di quelle di ordine sanitario e di limitazione delle libertà personali, cui l’emergenza coronavirus ci sta esponendo in maniera invasiva e totalizzante è quella del martellamento mediatico ossessivo e dell’ondata di parole e chiacchiere, che alla lunga finiranno per logorare le coscienze, lasciando incustodita ed esposta ai peggiori pericoli e rischi la “cittadella interiore” di ognuno; sia che si tratti del presidio del grado spirituale di coloro che hanno ancora aspirazioni in tal senso, sia che riguardi il precario equilibrio psichico della vita ordinaria e profana dell’uomo comune. La marea di informazioni e approfondimenti, e la bulimia comunicativa che da tutte le direzioni (anche quelle non allineate) minaccia di travolgerci, lasciandoci sulla battigia come gusci vuoti, alla lunga determinerà un ulteriore e definitivo crollo e abbassamento del livello psichico e mentale di ognuno.
Se, inevitabilmente, ci si trova impossibilitati a controbattere adeguatamente la narrazione ufficiale di quanto ci sta accadendo, salvo lanciare “messaggi nella bottiglia” con i modesti strumenti a disposizione del Fronte della Tradizione, ci sono tuttavia degli accorgimenti che ognuno di noi può comunque adottare, a prescindere dal numero di frecce disponibili al proprio arco. Il lavoro su di noi svolto in questi lunghi anni, se fatto con coscienza e verità, dovrebbe per lo meno aver determinato una «formazione caratteriale virile, esprimentesi in un preciso stile di vita e in un contatto più reale col mondo dell’azione e della storia» (come ci ricorda sempre Evola), per cui alcune protezioni d’ordine sottile sono comunque a nostra disposizione, per poter fronteggiare con qualche possibilità di successo la sfida che attualmente ci tocca affrontare.
Chiudere e sigillare l’accesso ai pensieri negativi vampirizzanti e alle sensazioni debilitanti è il primo provvedimento che si impone, evitando di aggiungere alle limitazioni esterne forme di soggezione e sudditanza interne, che vadano a turbare e scuotere il nostro equilibrio facendoci perdere il controllo e la padronanza di noi stessi, per esporci a qualunque tipo d’influenza cui possiamo essere abbandonati. L’allenamento spirituale che tutte le tradizioni hanno sempre previsto (sia sotto forma di precetti morali e ritualità religiosa, sia come tecniche ascetiche e realizzative) ha per oggetto primario proprio la nostra coscienza, ed è su questa che bisogna intervenire per fortificarla e salvaguardarla dalle “intemperie” della contingenza quotidiana.
Il mentale lasciato libero facilita l’irruzione di vere e proprie manie ed ossessioni, risultato evidente del clima tossico determinato dai messaggi lanciati dai paladini dell’ufficialità (siano essi scienziati, giornalisti o politici asserviti ai padroni del discorso), producendo suppurazioni infette nella nostra anima, al pari di qualsiasi ipocondriaco compulsivo, dalle conseguenze catastrofiche. Come, per esempio, l’assillante desiderio e attesa di una soluzione miracolistica che ci tragga fuori dallo stato di necessità attuale, elargendoci il dono della libertà senza che da parte nostra sia stato compiuto alcuno sforzo affinché questo avvenga, e senza che si sia provveduto a determinare il necessario distacco che conduca ad una completa indifferenza fra l’essere confinati in casa e l’essere liberi di andare dove si vuole: ostacolo insormontabile alla reale padronanza su noi stessi.
Il supporto prezioso che la lettura dei testi sacri appartenenti alle varie tradizioni ci può dare, in questa fase specialmente, è di vitale importanza, se solo si riesce ad andare oltre la semplice comprensione letteraria di quanto essi ci presentano, attingendo alle radici più profonde e all’essenza più intima di quegli insegnamenti. E proprio in un illuminante testo buddhista (Sutta-nipāta, 949, 1099) si recitano i seguenti versi, particolarmente adatti all’attuale contingenza:
Ciò che ti sta dinanzi, mettilo da parte;
Non lasciare nulla dietro di te,
E se non ti attaccherai a ciò che sta nel mezzo
Andrai calmo per il mondo.
Ovviamente, qui ci si riferisce ad un percorso realizzativo che ha come sbocco finale la liberazione e l’estinzione di ogni dipendenza dualistica, ma ciò non esclude che da questi versi si possano ricavare anche indicazioni valide per un livello più basso di esistenza e comprensione, la cui utilità possa risultare anche nell’andare “calmi per il mondo” già per quanto riguarda l’esistenza ordinaria, sostituendo la consolazione con la risoluzione. Anche perché è caratteristica non secondaria di tutti i testi tradizionali proprio quella della possibile applicazione dei loro insegnamenti ad ogni livello di comprensione, e l’efficacia di quelle indicazioni in ogni ambito dell’esistenza manifestata.
Se c’è una cosa che questi giorni bui, vissuti da reclusi minacciati nel corpo e nella mente, stanno inequivocabilmente dimostrando è la fondamentale differenza che esiste nell’affrontare le avversità della vita essendo dotati di saldi riferimenti spirituali, piuttosto che nella totale assenza di spiragli di luce e nella disarmante povertà di una vita imprigionata nel peggiore materialismo ateo e disperato della stragrande maggioranza dei nostri contemporanei. Il pendolo che scandisce le giornate delle persone oscilla implacabile fra due estremi, entrambi scoraggianti: l’ignoranza e la falsa conoscenza. Quando in realtà a guidare deve essere solo il carattere, “pilota automatico” che non ha nulla di astratto e sentimentale, consistendo nella espressione immediata della natura di ognuno, oltre che nel lavoro di ricostruzione interiore; allo scopo di conoscersi («vedere nella propria natura») e mantenersi in armonia con la propria visione del mondo, dove le conoscenze teoriche e intellettuali (nel senso moderno e professorale) non contano nulla, essendo importante, anzi fondamentale in tal senso, solo ed esclusivamente la conoscenza dottrinaria, slegata dalle contingenze delle singole miserie quotidiane.
Se ci si è veramente nutriti e imbevuti del modo di pensare e di sentire della Tradizione (seguendo l’indicazione di Evola: «”sii te stesso” o “sii fedele a te stesso”, nel “se stesso” dovendo intendersi la propria natura più profonda, la propria “idea” o tipicità»), piuttosto che di quelli pervasivi e deleteri del mondo moderno, si guarderà ai fatti della quotidianità ed alle contingenze della vita con quel necessario distacco che consente automaticamente di tenere un comportamento equilibrato e sereno di fronte alle avversità; dando, di contro, il giusto valore che merita alla vita appartata, e dispiegando in tutte le sue potenzialità il temperamento pratico ed oggettivo di quanti si sentono vocati all’azione tradizionale. Adesso che si è costretti ad interrompere i ritmi normali della vita precedente, le cui conseguenze nefaste non sempre sono percettibili, c’è la possibilità e la necessità di sostituire a quelli dei nuovi ritmi che, se ben gestiti e organizzati, possono accrescere la saldezza e la forza della nostra sostanza e della nostra indole: al pari dei cambiamenti radicali e definitivi che seguono normalmente all’entrata nella condizione monastica o nell’eremitaggio.
Sta poi alla capacità di ognuno fare scendere in profondità, nella “cittadella interiore” ricordata prima, i frutti di una tale opera, al fine di portare quello che è fuori dentro, far diventare quello che è scorza frutto, quello che è credenza conoscenza, quello che è opinione visione, passando dalla dispersione dell’analisi alla concentrazione della sintesi. D’altronde, se solo si pensa alle sollecitazioni e alle prove cui sono sempre stati sottoposti i discepoli dei Maestri spirituali delle varie vie e tradizioni del passato, questa parodia e inversione degli “shock addizionali” e dell’“arte dell’agguato” cui ci espone l’emergenza sanitaria, sono un gioco da ragazzi e il trastullo malevolo di genietti dispettosi. Con la differenza che gli impegni presi in nome dello Spirito danno frutti duraturi e cambiano l’essere umano, mentre le parodie sataniche fanno solo smarrire la strada e inducono a perdere tempo.