Cibi spazzatura
Il livello qualitativo di una civiltà lo si può anche misurare guardando ad aspetti apparentemente secondari, come può esserlo quello dell’alimentazione con cui si nutre la sua popolazione; e, applicando un tale criterio, non si può che assegnare un voto basso e del tutto insufficiente alla società in cui ci tocca attualmente vivere. Il progressivo impoverimento dell’offerta alimentare messa oggi a disposizione della stragrande maggioranza delle persone, se si escludono i pochi privilegiati ancora in grado di disporre di cibi sani e genuini, non può che confermarci in tale giudizio negativo; specialmente in considerazione del fatto che il regime alimentare coinvolge anche e soprattutto flussi energetici sottili che vanno ben al di là della semplice composizione materiale dei prodotti ingeriti e trasformati dall’organismo umano.
Ma qui, in fondo, si ha a che fare solo con l’alimentazione del corpo, il quale, per quanto basilare esso possa essere come appoggio dell’essere umano, può comunque venire assoggettato a restrizioni e privazioni più o meno volontarie, al fine di garantirne la sanità e la stabilità. Non molto diverso —seppure più delicato e complesso — è il rapporto fra cibo ingerito e sanità dell’organo nutrito, quando esso riguarda invece il sostentamento della mente. Così come per il cibo che si gusta, anche per i pensieri e sentimenti che hanno libero accesso nella nostra testa, quando si assume ed ingerisce “spazzatura” i danni per l’intera persona risultano devastanti e irreparabili. Con l’unica differenza che ad un’intossicazione alimentare si può anche rimediare, mentre un’intossicazione psichica e mentale è difficilmente sanabile.
Ma oggi, venuti meno i normali rapporti fra maestro e discepolo (compresi quelli scolastici e quelli di tipo religioso), quali sono i “ristoranti” e le “mense” dove la mente attinge il proprio nutrimento? È triste constatarlo, ma il primato va assegnato alla TV, con i suoi ulteriormente dannosi prolungamenti tecnologici nei cosiddetti social. Strumenti i quali — a differenza per esempio della radio, che concede ancora residui margini di autonomia — impongono e pretendono l’assoluta attenzione dello spettatore, agendo su un organo fondamentale ai fini della concentrazione qual è il nervo ottico, e costringendolo ad un atteggiamento del tutto passivo di fronte alle loro rappresentazioni: anche quando egli si illude di interagire attivamente con i dispositivi di cui sta facendo uso. Non che la concentrazione in sé sia qualcosa di negativo, tutt’altro; ma quello che veramente conta e ne determina la valenza qualitativa è l’oggetto su cui ci si concentra e che monopolizza l’attenzione coi suoi contenuti. Quello che qui purtroppo manca è la presenza a se stessi: “guardiano” indispensabile per regolare il flusso dei pensieri e delle sensazioni che possono o non possono avere libero accesso in noi.
Non pensiamo, dunque, di esagerare nel considerare spazzatura tutto quello che proviene dal mezzo televisivo, e dagli schermi e monitor in generale. Anche in ragione dell’evidente analogia fra lo schermo e lo specchio — strumento magico di vanità e seduzione per eccellenza, dall’ambivalenza simbolica e funzionale all’illusionismo più pericoloso e deleterio, nel suo riflettere la realtà in forma invertita e capovolta — riducendo il video ogni singolo spettatore allo stato medianico, in balia di forze incontrollate che prendono possesso della sua coscienza, dissolvendone ogni centralità intellettuale e qualsiasi autonomia di giudizio; precipitandolo, di conseguenza, in una condizione semi sonnambolica, simile a quella che precede l’atto di addormentarsi, quando si è esposti passivamente all’influenza di poteri vampirizzanti, specialmente se si è sprovvisti di utili strumenti protettivi.
E le protezioni interiori sono proprio quelle che maggiormente difettano nell’evoluto ed emancipato uomo moderno, particolarmente esposto ai peggiori attacchi psichici: potenziati ed accresciuti dal loro contagioso carattere collettivo. Gli effetti coercitivi della pubblicità e della propaganda che proprio nel mezzo televisivo hanno trovato il loro principale mezzo di diffusione ne sono, del resto, la dimostrazione più evidente, nell’orgia del delirio consumistico che permette la vendita di prodotti di cui nessuno avrebbe veramente bisogno. Se, infatti, la parte irrazionale degli individui fosse dotata dei necessari strumenti di protezione e risultasse sufficientemente custodita — come rileva Evola nel suo scritto sulle “Influenze subliminali” — «perderebbe automaticamente ogni forza la maggior parte dei provvedimenti oggi usati su vasta scala dai mestatori politici e sociali per muovere le moltitudini e condurle nell’una o nell’altra direzione senza toglier loro l’illusione che ciò facendo esse seguono unicamente la propria volontà e i propri veri interessi».
Proviamo a ipotizzare — per assurdo — che una potente multinazionale (per esempio un’azienda farmaceutica) volesse lanciare sul mercato un suo prodotto che — sempre per assurdo — potrebbe essere un vaccino; preparato però con “ingredienti” che poco hanno di curativo e che addirittura potrebbero costituire un pericolo per la salute delle persone. Nulla vieterebbe a questa multinazionale di lanciare una campagna mediatica a livello planetario (corrompendo, coi potentissimi mezzi finanziari a sua disposizione, governanti, scienziati e giornalisti), fino ad arrivare al punto di causare qualche milione di morti per creare il panico generale e, di conseguenza, far nascere il bisogno di quel suo prodotto sanitario, presentato come l’unico efficace rimedio. Un prodotto già pronto da tempo per essere messo in circolazione, fingendo però di renderlo miracolosamente disponibile in tempi velocissimi, per andare incontro alle “spontanee” necessità della popolazione mondiale; il cui successo commerciale sarebbe sicuramente garantito, oltre ogni immaginabile speranza (sostantivo che solo casualmente può in quest’occasione rimandare a un nome proprio!). È così, in fondo, che da sempre agisce il potere persuasivo della pubblicità: sia che si voglia vendere un’automobile, uno smartphone, una bevanda o un capo d’abbigliamento alla moda, trasformandoli artificialmente in insostituibili beni di prima necessità.
In un mondo di ombre caratterizzato dall’oscurità e dall’ignoranza, gli spiriti evocati non possono che prendere il sopravvento, finendo per circolare liberamente in tutti gli anfratti e recessi della cosiddetta società civile, dettandone la direzione e imponendo scopi e obiettivi totalmente contrari all’interesse e al benessere generale. Avviene così che, per esempio, i fantasmi artatamente prodotti dal politicamente corretto acquisiscano una consistenza ed una credibilità perfino superiori agli indiscutibili dati naturali che l’evidenza dei fatti dovrebbe impietosamente imporre. Da qui all’inversione diabolica il passo è veramente molto breve, per cui la “verità del linguaggio” cessa di rappresentare un punto fermo nel pubblico dibattito, costringendo i dissenzienti non allineati ad una ritirata strategica che, nei più deboli caratterialmente e nei meno saldi nei principi può degenerare in rovinosa rotta e irrimediabile sconfitta.
Gli spacciatori di spazzatura mentale, paradossalmente, brillano anch’essi proprio per l’assoluta mancanza di carattere, accompagnata da una frivola, superficiale e vuota capacità dialettica (ai quali si può in parte applicare la dichiarazione di Joseph Goebbels: «Non parliamo per dire qualche cosa ma per ottenere un certo effetto»); ma ciò non gli vieta di venire accreditati come esperti opinionisti e autorevoli testimoni che a tutte le ore imperversano sulle reti televisive, alimentando incessantemente le mode più o meno passeggere e la vulgata ufficiale, proprio in virtù della loro inconsistenza interiore e in ragione della loro naturale medianicità che li rende particolarmente predisposti a cogliere furbescamente in quale direzione tiri il vento.
Tale scadente materiale intellettuale è, d’altra parte, reso ulteriormente mediocre e difettoso proprio dal “palcoscenico” in cui si svolge la rappresentazione, avendo il mezzo televisivo la proprietà — anche in ragione delle sue ascendenze bassamente magiche che gli derivano dalla sua funzione speculare, prima ricordate — di semplificare e impoverire qualunque discorso o tema che venga affrontato davanti alle telecamere; dove anche il filosofo più illuminato e il sapiente più dotato (compreso qualche nostro stesso amico che, a dispetto della sua intelligenza, viene usato come foglia di fico ed ingrediente per simulare una qualche par condicio nei “loro” dibattiti democratici!) sono costretti a scendere al livello dello spettatore medio-basso, per esprimere entro i tempi, i ritmi e la “grammatica” propria del mezzo televisivo il proprio pensiero: ricorrendo a formule urlate e argomentazioni monotone e ripetitive: sottomettendo e degradando anche le più elevate certezze e i più preziosi contenuti alla distruzione di ogni certezza e di ogni contenuto di verità.