Il soldato fanfarone
In un’epoca come l’attuale, in cui recita e finzione mediatica tendono a nascondere l’autentica natura e il vero carattere dei personaggi pubblici e degli attuali governanti, può risultare utile ed efficace, per la loro conoscenza, attingere al patrimonio della cultura classica lasciataci in eredità dagli autori greci e latini. Si deve, per esempio, alla trasfigurazione in arte della lingua del popolo romano del poeta latino Plauto la straordinaria descrizione del miles gloriosus: quel Pirgopolinice di cui, nell’omonima commedia, sono narrate le vicende sentimentali e le esagerate vanterie amorose e guerresche che, per la regia di un furbo servo, lo condurranno a ritrovarsi schernito e bastonato. Rappresentazione che lo ha reso immortale come maschera e prototipo umano, poi ripetutamente ripreso da numerosi autori successivi, che a quel modello insuperato hanno guardato per disegnare la figura del millantatore, del vanaglorioso, dello spaccone, dello sbruffone e del megalomane.
Dunque un personaggio che, da tempi immemorabili, affligge le società che ne subiscono l’esistenza, assordando con le sue vanterie e con le sue vuote esteriorità, oltre che infastidire già con la semplice ingombrante presenza. Uno che «da solo ha soggiogato in meno di venti giorni i Persiani, i Paflagoni, i Sinòpi, gli Arabi, i Cretani, i Siri, la Rodia e la Licia, la Granmangia e la Granbevia, la Centauromachia e l’armata Dunamammella, l’intera sponda libica e del Tritaghiaccio, insomma un’intera metà del mondo abitato». Oltretutto convinto di esercitare un fascino irresistibile sulle donne: «È una vera disgrazia esser troppo bello!»
E non meno efficace di Plauto risulta, nella descrizione della vanagloria, lo scrittore greco Teofrasto, discepolo di Aristotele, nei suoi Caratteri morali: «E se sacrifica un bue, inchioda davanti all’ingresso di casa la parte anteriore della testa con le corna, avvolgendola tutt’intorno con grandi corone, perché chi entra possa vedere che ha sacrificato un bue». Mentre, a proposito del millantatore, sempre Teofrasto dice che è «capace di prendersi gioco di un compagno di viaggio, narrandogli lungo il tragitto che ha partecipato alle campagne di Alessandro, in quale rapporto fosse con lui, quante coppe tempestate di gemme abbia riportato a casa; e discute degli artisti dell’Asia, sostenendo che sono migliori di quelli d’Europa; e fa la conta di queste sue prodezze, senza aver mai messo il piede fuori di Atene».
Tutto sommato, più una macchietta che un brutto ceffo, più un personaggio ridicolo che pericoloso ma, pur sempre un essere insopportabile e fastidioso. Specialmente se queste “qualità” si incarnano in un uomo di potere, in uno sceriffo di Dodge City qualsiasi, che possieda la facoltà di condizionare, rovinandola, l’esistenza dei suoi “sudditi” e improvvidi elettori. Com’è il caso di un Presidente di Regione che si attribuisca i poteri assoluti da Governatore del Club di Topolino; che per dare libero sfogo alla sua vanità e assecondare la sua convenienza elettoralistica è disposto a ricorrere alle peggiori panzane, a bugie e menzogne incontrollate, a frottole e falsità incommensurabili, a esagerazioni indigeribili. Vantando, fra l’altro, innumerevoli tentativi di imitazione: come un settimanale enigmistico qualsiasi!