Quando il Cristianesimo si affermò come religione di Stato al posto della Tradizione romana (sbrigativamente etichettata col termine dispregiativo di paganesimo), riprese, com’è noto, parecchi elementi della precedente religione, come le date di alcune celebrazioni, i ritmi annuali della liturgia, la simbologia sacra e alcune denominazioni del precedente culto (si pensi solo al termine Pontifex); fino a sovrapporre gli edifici delle stesse chiese cristiane ai templi pagani, attenendosi in questo alle conoscenze della geografia sacra. E anche la celebrazione del Natale cristiano andò a coincidere col Natale Solare, celebrato presso le antiche civiltà in occasione del Solstizio d’Inverno.
E proprio in preparazione del Natale il Cristianesimo introdusse il periodo dell’Avvento, detto tempus ante natale Domini (“tempo che precede la nascita del Signore”) o tempus adventūs Domini (“tempo della venuta del Signore”); in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio tra gli uomini e contemporaneamente l’attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi. Il tempo di Avvento comincia dai primi vespri dell’ultima domenica di novembre e termina a ridosso dei primi vespri di Natale. I giorni dell’Avvento, inoltre, sono caratterizzati da alcune forme di digiuno e astinenze, così come avviene, del resto, durante la Quaresima che precede la Pasqua.
Se, per quanto riguarda la sovrapposizione del Cristianesimo al Paganesimo, si può senz’altro parlare di un evento in accordo e continuità con la Tradizione unica, in vista di un suo riadattamento alle nuove condizioni cicliche venutesi a determinare in seguito alla caduta dell’Impero romano, da un certo punto in poi, sostituzioni di questo tipo hanno cominciato a rappresentare solo ed esclusivamente delle forme di parodie e deviazioni: vere e proprie contraffazioni dal chiaro stampo malefico e negativo.
Tutti quegli idioti che in questi giorni si accalcano e si accapigliano in massa davanti ai negozi e all’interno dei centri commerciali — vittime del demone consumistico, scatenato all’inverosimile — se ignorano completamente l’idea e il significato dell’Avvento, non ignorano affatto cosa sia il cosiddetto Black Friday, quel “venerdì nero” americano (e ti pareva!) immediatamente successivo al Giorno del Ringraziamento, che si celebra negli Stati Uniti il quarto giovedì di novembre. Esso rappresenta negli USA (e di conseguenza in tutto l’Occidente!) l’inizio della stagione delle compere natalizie: una vera e propria orgia consumistica all’insegna della materia e della pesantezza del superfluo; continuando poi tale follia fino a Natale, oramai associato solo alle grandi abbuffate, non solo alimentari: risposta laica (nonché laida!) ai digiuni e alle astinenze rituali. Qui, i neri “sacramenti” della contraffazione sono somministrati in primo luogo da Amazon, ed è particolarmente significativo che la scelta del (poco natalizio) colore nero faccia direttamente riferimento ai libri contabili dei commercianti, nei quali si annotano in nero i guadagni, contro il colore rosso che indica le perdite. Giorno, dunque, di grandi vendite e di affari milionari: a conferma che il dio denaro si è venuto a sostituire già da tempo all’Altro, il cui ricordo e le cui celebrazioni scandivano una volta ogni momento importante e significativo dell’esistenza umana.
Scriviamo queste note la Prima Domenica d’Avvento, mentre la radio ci ricorda che oggi è la “Giornata Mondiale dell’Ulivo”. Per carità, pianta nobilissima ed anche sacra a Minerva, ma non è sicuramente questo che sta a cuore (ammesso che ne abbia uno!) a chi ha deciso di scandire il tempo “quantitativo” dell’uomo con 365 Giornate Mondiale di… tutto; cancellando dal ciclo annuale ogni qualità e qualunque consacrazione.