Rovescio della santità
Nell’intuizione del grande artista è talvolta possibile trovare descrizioni e definizioni poco manifeste o del tutto sconosciute della realtà, altrimenti destinate a rimanere nell’ombra. In queste pagine dello scrittore americano Herman Melville, ricavate da un suo romanzo breve (Billy Budd, gabbiere di parrocchetto), viene tratteggiato un “carattere” particolare, che farebbe invidia a Teofrasto, in cui è possibile cogliere i tratti malefici e sinistri che possiamo tranquillamente associare ad un ipotetico agente della contro tradizione. Medesime ci appaiono le “qualificazioni” da cui sgorgano naturalmente «livida ira, invidia e disperazione», tipiche di colui che, vivendo nelle Tenebre, inutilmente si avventa contro la Luce.
In quest’opera dell’autore di Moby Dick, ambientata nell’anno 1797 (data tragica per l’irruzione scatenata sulle scene della storia dello Spirito del Tempo!), a bordo di una nave da guerra inglese, si narra la triste vicenda del protagonista la cui purezza d’animo e la cui solarità saranno oggetto di odio e risentimento da parte del personaggio descritto nelle righe che seguono.
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Che c’era dunque nel maestro d’armi? E qualsiasi cosa ci fosse, che rapporto poteva avere con Billy Budd, col quale, prima dell’incidente della gavetta rovesciata, egli non aveva avuti mai contatti né di servizio né d’altra natura? E come si poteva nutrir astio contro un uomo così poco incline a dar fastidi qual era il paciere della nave mercantile, colui che lo stesso Claggart chiamava «un piacevole e garbato giovinotto?» Come dunque, per usare l’espressione del danese, poteva Gambine «avercela» col Bel Marinaio?La verità è che in fondo, e non per nulla, come l’ultimo episodio avrà fatto intendere agl’intelligenti, una segreta antipatia del maestro d’armi c’era.Si potrebbe ora inventare qualcosa che si riferisse alla più segreta vita di Claggart – qualcosa che riguardasse Billy e che questo ignorasse del tutto, qualche romanzesco affare che mostrasse come qualmente Claggart avesse conosciuto il giovane marinaio assai prima di ritrovarlo a bordo della «settantaquattro» – e non sarebbe difficile a farsi e potrebbe chiarire in qualche modo gli enigmi che si nascondono in questo caso. Ma in verità nulla di simile sarebbe fondato. E però la causa unica che possiamo inferire, è quella stessa che conosciamo attraverso il romanzesco radcliffiano, il misterioso, forza che possiamo raffigurare in bel altro modo che l’ingenua autrice dei Misteri di Udolfo. E in realtà, qual cosa partecipa del mistero quanto l’antipatia spontanea e profonda che in alcuni esseri eccezionali è destata dal solo aspetto d’altri uomini, per quanto innocui possano essere – e forse destata addirittura da questa stessa innocuità?Non può esistere un più irritante miscuglio di tipi umani diversi di quello che si osserva in una grande nave da guerra in viaggio ed equipaggiata al completo. Là in tutti i reparti ogni uomo viene più o meno a contatto con ogni altro genere d’uomini. Occorrerebbe, per evitare ogni oggetto repellente, gettarsi in acqua o far fare a questo il tuffo di Giona. Bisogna immaginare ciò che può spingere certe nature umane all’esatto rovescio della santità.Per comprendere, poi, un Claggart, tali accenni non sono sufficienti a una natura normale. Per passare da una natura normale alla sua si deve attraversare «lo spazio morto ch’è in mezzo», e qui ci può soccorrere solo l’induzione.Molto tempo fa un degno uomo di lettere, più anziano di me, riferendosi a uno che come lui oggi non è più in vita, un uomo così impeccabile e onorevole che mai nulla gli si era detto contro, benché non mancasse qualche mormorazione, mi disse: «Sì, X. non è una noce che può essere schiacciata col ventaglio di una signora. Voi sapete ch’io non aderisco a nessuna religione costituita e ancor meno ad alcuna filosofia sistematica. Ebbene, per tali ragioni, credo che penetrare dentro X., nel suo laberinto, e uscirne fuori senz’altro aiuto che quella chiave nota col nome di conoscenza del mondo, era impresa impossibile, almeno per me».«Ma come», dissi io, «X., per quanto difficile, è sempre un uomo, e la conoscenza del mondo implica conoscenza della natura umana, nelle sue forme più diverse».«Oh, sì, una conoscenza ordinaria e per iscopi usuali. Ma in una zona più profonda io non son certo se conoscere il mondo e la natura umana non siano due rami separati della conoscenza, i quali, se possono coesistere nello stesso cuore, possono anche vivere per conto proprio. Ora, nell’uomo medio accade che il continuo contatto col mondo ottunde quell’acuto senso interiore ch’è necessario alla conoscenza profonda di certi caratteri eccezionali, siano essi buoni o cattivi. In un caso di qualche importanza ho visto una ragazza menar per il naso un vecchio avvocato col solo dito mignolo. Non si trattava di rimbecillimento né di amore senile; nulla di simile. Ma quell’uomo conosceva la legge assai meglio dell’animadella ragazza. Coke e Backstone non han fatto tanta luce sull’oscurità dell’anima umana quanto i Profeti ebrei. E chi erano costoro se non eremiti?»Allora la mia inesperienza era tale che io non potevo capir bene il senso di queste parole. Ma forse ora lo intendo. E invero se quel vocabolario che si fonda sulle Sacre Scritture fosse più popolare, sarebbe men difficile definire e nominare certi uomini fenomenali. Così come stanno le cose, è forse meglio rivolgersi a qualche autorità che non possa ritenersi intinta di elementi biblici.In un elenco di definizioni contenuto nell’autentica traduzione di Platone, elenco che si attribuisce a lui, si legge: «Depravazione naturale: è quella data da natura». È una definizione che per quanto un poco venata di Calvinismo non estende affatto il dogma di Calvino a tutta l’umanità. È chiaro che essa può essere applicata solo a certi individui. Gli esempi di tale depravazione ai quali provvede la forca o la prigione non sono molti. In ogni modo gli esempi più notevoli – poiché uomini tali non hanno stoffa di bruti ma sono anzi dominati da motivi intellettuali – devono cercarsi altrove.La civiltà, massime la più austera, ad essi si conviene, permette loro di nascondersi nel mantello della rispettabilità, li fornisce dei silenziosi ausiliari delle sue qualità negative. E rappresenta una custodia che non si può infrangere. Non si va troppo oltre affermando che tutto ciò è senza vizi o piccoli peccati. Un orgoglio fenomenale esclude tali esseri da ogni altra colpa: non sono mai mercenari né avari. E non è in questa depravazione nulla di sordido o di sensuale. C’è anzi una serietà senza durezze, che per quanto non lusinghiera per l’umanità non ha mai aspre parole per essa.Ma ciò che distingue nei maggiori esempi una natura così eccezionale è questo: benché la natura discreta ed eguale di uomini siffatti sembri indicarli come particolarmente soggetti alle leggi della ragione, nondimeno nei loro intimi recessi essi sono del tutto fuori di questa legge, e piuttosto che seguire la ragione se ne servono come un ambidestro strumento per attuare l’irrazionale. Cioè, a uno scopo che per ribalderia e malvagità sembrerebbe richiedere la sragionevolezza, essi tendono col più freddo e sagace giudizio.Sono veri pazzi, cotesti, e de’ più pericolosi, poiché la loro follia non è continua ma occasionale, attratta da oggetti particolari, discreta e controllata; così che, quand’essa è più attiva, è anche dagli uomini comuni meno distinguibile dalla salute, e per la ragione che s’è detta: che qualunque possa essere il suo scopo (e non è scopo mai rivelato apertamente) i suoi metodi e procedimenti esteriori sono sempre perfettamente ragionevoli.Qualcosa di simile era Claggart, nel quale la natura insana e maniaca non era stata generata da abito vizioso o letture corrompenti, ma era del tutto innata, sorta con lui; insomma un caso di «depravazione da natura». Un fenomeno siffatto, che in certi casi imbarazza i tribunali, come può essere trascurato o sconosciuto affatto? E in casi come questi le nostre corti di giustizia devono sottostare alle prolungate e costose contestazioni degli avvocati, e lottare anche peggio coi periti medici che costano anch’essi? Che hanno essi da fare qui? Perché non rivolgersi a esperti religiosi? La vocazione di costoro, che li porta a diretto contatto con uomini sì diversi e talora nella loro ultima e men custodita ora, e ben più davvicino che il medico al paziente, potrebbe ben qualificarli a dir qualcosa nei casi intricati della responsabilità morale, a dirci, per esempio, se in dati casi il delitto ebbe origine da mania cerebrale o da ira del cuore. Certo ci sarebbero contraddizioni nei referti di simili periti, ma non più grandi di quelle che sorgono tra i periti medici di professione.Cose difficili, dirà qualcuno. Ma perché? È in esse il senso della Sacra Scrittura, nella sua frase sui «misteri dell’iniquità».Ciò che in questa storia si riferiva alla nascosta natura del maestro d’armi ha reso necessario il presente capitolo. Aggiungiamo due o tre schiarimenti sull’incidente del rancio, e poi la nostra storia basterà da sola a rivendicare la sua propria attendibilità.
Herman Melville