Miguel Serrano: Intelletto e Ragione
Non è possibile cogliere tutti i significati del pensiero e dell’opera di Miguel Serrano se prima non si comprende che i processi interpretativi e conoscitivi cui fa riferimento non sono quelli comuni, razionali e univoci, ma corrispondono a differenti norme, criteri e facoltà che oltre a essere riflessi di differenti visioni del mondo, costituiscono anche l’indice di un maggiore utilizzo delle proprie capacità mentali.
Il suo pensiero è analogico, poetico, mitico e fa appello a qualità sovra razionali come l’intuito per essere pienamente comprensibile. Ma non è pura invenzione o favola, è un discorso che rimane sempre legato alla realtà e la descrive in forme anche più veritiere di quelle propriamente scientifiche. Nella sua opera abbiamo metafora, allegoria, legge di analogia, manifestazione dell’archetipico. Il suo metodo permette di collegare tutte le chiavi interpretative e tutti i simboli contemporaneamente (nel tempo) e sincronisticamente (come nesso acausale). In questo modo non solo si ha a disposizione uno strumento di conoscenza molto efficace, ma si acquisisce la possibilità di riattivare centri intellettivi atrofizzati e risvegliare facoltà sopite. Ogni simbolo ne richiama un altro, dispiegandosi in una serie molteplice di analogie, richiami e nessi, una rete di corrispondenze che avvolge tutto, sistemando ogni cosa al suo giusto posto e svelandone infine l’autentico significato.
Le opere di Serrano sono scritte in uno stile completamente dissonante da quello dell’epoca attuale, ed è per questo che spesso non vengono capite o sono male interpretate. Molto spesso, non solo nei suoi scritti ma anche nella nostra vita di tutti i giorni, ciò che appare istantaneamente, ermeticamente come realtà certa e evidente non riesce poi a oltrepassare il filtro della razionalità e viene quindi abbandonato o disprezzato:
“Spiegare un fatto semplice è difficilissimo, soprattutto quando si tratta di tradurlo nel linguaggio della mente razionale.” (1)
La mentalità attualmente considerata l’unica valida è quella razionale, basata su processi precisi, consequenziali, misurabili, dimostrabili. Attitudine che corrisponde a una visione del mondo materialistica, quantitativa, legata solo alla concretezza e alla letteralità dell’interpretazione, priva di ogni prospettiva metafisica. Una razionalità pratica, che non riesce a andare oltre l’orizzonte della materia e che si sviluppa nel calcolo, nella misurazione, nella quantificazione, per poi trovare compimento nelle moderne scienze economiche, finanziarie, meccaniche, informatiche, tecnologiche. Oggi domina la ragione, termine che deriva dal latino ratio e che indicava in origine il conto, la somma, la misura, ma anche l’interesse, l’affare, il guadagno, l’atto del pensare che ha come riferimento le cose profane, i calcoli matematici, i problemi materiali, economici. A essa si contrappone l’intelletto, facoltà profondamente diversa che si basa su una comprensione diretta e immediata del trascendente e che permette, escludendo il ragionamento logico, di intendere un’altra dimensione e altri significati, diversi da quelli puramente materiali.
Intellectus come facoltà di intus legere (leggere all’interno) o di inter legere (leggere tra le righe), di indagare e comprendere cioè quello che si cela dietro il velo delle apparenze; caratteristica simile a quella del nous greco che è anch’esso intelletto, veicolo che permette di giungere alla noesis, alla conoscenza immediata e intuitiva di ciò che è trascendente. L’intelletto però non è fantasia, fantasticheria e nemmeno istinto, ma è una facoltà superiore che permette una visione più completa della realtà, uno strumento che conduce senza errori a verità non comunemente accettate ma comunque dotate di una propria esistenza oggettiva. Secondo Serrano l’uomo occidentale moderno pensa le idee o crede di pensarle. Perciò non ha conoscenza né una visione diretta dell’Essere. Razionalizza. Diverso il discorso per il passato:
“La parola Veda viene dalla radice sanscrita Vid, che significa “vedere”, conoscere qualcosa attraverso visione diretta. Rishi è uno che ha visto. Sono i Rishi che hanno captato i Veda.” (2)
“Come sempre accade, sono gli antichi che ci facilitano il cammino. Essi impiegano un linguaggio simbolico, poetico, di una poesia cosmica, che è captato da altri centri dell’uomo, da altri cervelli, o da sezioni del cervello che ancora non si sono sviluppate, o che si sono atrofizzate per mancanza d’uso. Ci sono vari cervelli nell’uomo, nel suo corpo fisico e fuori di esso.” … “la nostra Cosmogonia dovrà intendersi con il Cervello dello Spirito, con una Supercoscienza, in opposizione ad un subcosciente collettivo. Un Supercosciente Personalizzato.” (3)
Tramite il risveglio, più o meno parziale, di queste facoltà cognitive si avrà a disposizione un potente strumento di comprensione sia della realtà materiale – scoprendo la trama di rapporti che lega simboli, idee, eventi in una rete complessa e coerente – sia della realtà trascendente, offrendo possibilità di presa di coscienza e contatto con differenti stati dell’essere.
Lo sviluppo, o meglio, la decadenza di tali facoltà segue la stessa storia dell’uomo sulla Terra: i cataclismi, le catastrofi che coinvolgono le varie civiltà storiche e preistoriche hanno analogicamente un riflesso anche a livello delle capacità mentali dei superstiti, delle nuove umanità che in nuovi continenti hanno continuato la loro esistenza sulla superficie del pianeta.
“L’Apparizione del cervello razionale, con lo sviluppo della corteccia cerebrale, presuppone lo spegnimento del cervello antico (l’inabissamento d’Iperborea, di Atlantide, di Lemuria) e la perdita dei centri di “coscienza chakrica”, ripartiti nel corpo, involuti in plessi e centri nervosi, e lungo la spina dorsale, che fu psichica ed oggi è fisica, deviata dalla sua antica posizione spirituale, come lo fu l’asse del Polo.” (4) … “La madre del dubbio è il raziocinio, il lato sinistro del cervello, la corteccia cerebrale, il “continente” emerso dopo l’inabissamento d’Iperborea, dopo la perdita del Gral, dello Smeraldo di Lucifero, del Potere di Odil.” (5)
Quando la ragione divenne facoltà dominante, senza più essere sottomessa al principio di conoscenza trascendente, fu molto più difficile la conoscenza della realtà, ormai trasfigurata anche a livello percettivo. L’analisi tramite la sola ragione e i suoi strumenti, il pensiero scientifico e filosofico moderni, sarebbe quindi un’arma perdente fin dall’inizio, incapace per sua stessa natura di penetrare i segreti del cosmo.
Nell’attuale mondo ci si troverebbe dunque come legati, imprigionati da processi mentali limitanti che, dominati dal solo raziocinio, non permetterebbero di comprendere la vera e unica realtà, che rimane quindi celata, dimenticata anche se non cancellata per sempre, e quindi recuperabile.
Anche in questo caso subentra l’analogia, e alla sovrapposizione del precedente mondo con quello attuale, si avrebbe – come con un palinsesto – la sovrapposizione della pura e semplice razionalità all’intelletto e a tutte le possibilità a esso legate.
“La sostanza del Nemico è l’intelligenza razionale. Si potrebbe, pertanto, concludere che il pensiero razionalista dei terrestri è come un aggregato demiurgico, una trappola mediante la quale il Demiurgo li tiene incatenati.” (6)
La stessa cosa accade per esempio con i numeri, la cui differenza qualitativa rifletterebbe differenti origini e funzioni.
“I numeri che si conoscono e si utilizzano oggi sono quelli semitici; servono per sommare, sottrarre, moltiplicare, dividere, condizioni della mente razionale; ma non servono per l’unus mundus. Esistono, tuttavia, altri numeri, i romani, per esempio, che non servono per sommare, sottrarre, moltiplicare, dividere. E fu con essi, e con qualche altro tipo di calcoli, che i romani costruirono i loro acquedotti ed i loro ponti; gli inka e gli atumaruna le loro città; i maya ed i toltechi le loro piramidi; e gli uomini dell’ante-Storia, i grandi Baharatha, i loro Vimana.
Numeri Archetipici, Matematica o Musica Orfica.” (7)
In un tale stato di cose risulta fondamentale il recupero delle facoltà perdute, attività insieme di ricerca e di lotta sia nel mondo esteriore sia nel microcosmo umano, personale, seguendo un cammino individuale ma sulle orme archetipiche delle grandi imprese del passato, storiche o mitiche, verso una conquista che è in realtà riscoperta, ricomposizione di un’immagine un tempo intera.
Necessario per cominciare è l’addestramento al pensiero simbolico, che porterà al conseguimento di quelle chiavi in grado di collegare idea con idea fino alla scoperta del loro nesso assoluto, alla ricomposizione esaustiva dell’intero quadro d’insieme, fino al risultato finale della “magia di una conoscenza istantanea.” (8)
Solo allora, con volontà ferrea, si potrà tentare tramite la pratica il risveglio effettivo di tutti i centri intellettivi, cioè l’attivazione totale della propria mente.
“Le pratiche dell’esoterismo e della metafisica tantrica, nel più ermetico Cerchio Kaula (di Kundalini) si dirigono a riattualizzare il cervello arcaico, come vero organo di conoscenza vissuta e di tutti gli altri centri di coscienza, o chakra, ripartiti in un ordine ed ora soltanto con esistenza virtuale, potenziale, nel corpo cristallizzato del Vira, imprigionato nella materia demiurgica.” (9)
Questo cammino eroico, rischioso e riservato a pochi, potrà portare a grandi risultati, perché la “potenza della Mente Immateriale, che agisce fuori dal tempo e dallo spazio e che riunisce su questa Terra i due emisferi cerebrali” sarà alla fine in grado, simbolicamente ma anche realmente, di trasformare “l’uomo in una sfera, in un astro (un ovni) rendendo inutile la scienza razionalista e la macchina, perché ha riscoperto il Potere Antico che sollevava i dolmen e i mohai.” (10)
Per Cesare della Riviera una simile opera, che consiste nella conquista dell’albero che sta al centro del paradiso (o di una “heroica pietra”) “acuisce e mirabilmente depura, e illustra il cervello”, portando tra i vari risultati all’illuminazione e all’esaltazione di tutte le facoltà umane, a superiori possibilità di conoscenza, alla comprensione della “lingua degli uccelli” (11).
L’ottenimento di queste facoltà non è però la cosa più importante: è soprattutto un segno, l’indicazione che è avvenuto un cambiamento di stato e che l’uomo arcaico (più vicino all’archè), l’Iperboreo, l’homo de coelo si è finalmente risvegliato, e può così sottrarsi alle leggi fatali dell’involuzione e dell’entropia. Tale liberazione è un episodio fondamentale della Grande Guerra perché, in una ripetizione archetipica delle vicende di Wotan o di Kristos, sconfigge la morte e toglie un essere dal carcere-inferno, ottenendo allo stesso tempo un indebolimento delle forze delle Tenebre.
Il processo di riconquista della propria totalità sarà quindi solidale, sincronistico con la lotta per la liberazione dall’attuale sistema di potere così come dai vincoli dell’universo demiurgico. Soltanto in questo modo si potrà ri-ottenere l’unus mundus, la propria totalità, che è anche piena realizzazione di sé, “pensiero non pensato”, “memoria non ricordata”, quadratura del cerchio, Fiore Inesistente e Pietra Filosofale.
Renzo Giorgetti
[1] Manu: “Per l’uomo che verrà”, Settimo Sigillo, Roma, 2012, p.59.
2 Il Cordone Dorato: Hitlerismo esoterico, Settimo Sigillo, Roma, 2007, p.265.
3 Manu, idem, p.59. Notiamo come anche l’opera di Pindaro sia logicamente difficile da afferrare.
4 Manu, idem, p.192.
5 Manu, idem, p.175.
6 Manu, idem, p.226. Nel suo Inferno (III, 17-18) Dante chiama i dannati “genti dolorose c’hanno perduto il ben de l’intelletto.”
7 Manu, idem, pp.68-69. È veramente significativo che già nei primi tempi del capitalismo moderno il termine ratio fosse usato nel senso di “affare” (cfr. W. Sombart, Der moderne Kapitalismus, Monaco-Lipsia, 1919, II/2, p.124).
8 Manu, idem, p.59.
9 Manu, idem, p.192.
10 Imitación de la Verdad: La ciberpolitica. Internet, realidad virtual, telepresencia, La Nuova Edad, Santiago, 1996, p.30.
11 Il Mondo Magico de gli Heroi, Milano, 1605, pp.114-118; 213.