Il trionfo completo e (illusoriamente!) definitivo del processo sovversivo condotto dalla contro-tradizione passa, com’è noto, attraverso l’instaurazione di un governo mondiale, il quale dovrà portare a compimento e attuazione tutte le istanze, tutte le proposte, tutte le macchinazioni e tutte le influenze malefiche e antiumane che le innumerevoli correnti dissolutive della storia hanno trasportato verso la foce della caduta ciclica.
Nel “mondo rovesciato” immaginato da questi impostori, veri e propri falsi profeti («che faranno grandi prodigi e cose stupefacenti»), è prevista l’artificiale affermazione di una religione unica mondiale — ridotta ad una informe poltiglia sentimentale e moralistica — e di una falsa spiritualità, prodotta dal più basso psichismo e dalla peggiore medianità. Una serie indefinita di simili “dissimmetrie” costituirà l’aspetto e il contenuto di questa società invertita, il cui unico fondamento consisterà nello squilibrio interiore e nella narrazione menzognera; dove, appunto, l’artificiale soppianterà il naturale (fondato sull’essere, il vivere, il sentire e il comprendere, che nulla e nessuno potrà mai imitare, tanto meno un algoritmo!); imponendo a tutti un’unica forma di pagamento per le transazioni economiche; un’unica lingua franca, sorta di esperanto a base prevalentemente anglosassone, in cui il grugnito e il borbottio gutturale prenderanno il posto del suono armonico e creativo; un unico diritto e un’unica giurisprudenza, improntati al sopruso e all’ingiustizia; un pensiero unico e una cultura conformista fondati su ciò che l’ottuso e dispotico potere politico deciderà essere, di volta in volta, corretto; una esasperata e meccanica onnipotenza della tecnologia, sottratta al miglioramento dell’esistenza umana; fino ad imporre passatempi spettacoli e divertimenti comuni e uniformi.
Lasciamo alla fantasia di chi ne ha voglia l’incarico di completare questo parziale elenco di degenerazioni contraffattrici, perché ci preme ora analizzare quello che è previsto diventi l’unico spettacolosportivo mondiale che questa parodia pseudo ecumenica prevede, e che riunirà negli stadi e davanti agli schermi un’umanità sempre più inebetita, a cui somministrare periodiche dosi di “panem et circenses”; al fine di catturarne l’attenzione e non lasciare spazio al pensiero critico e all’autonoma riflessione personale, facendogli, al contempo, dimenticare gli autentici problemi che ogni giorno la assillano e che la obbligano a vivere in crescenti condizioni di insopportabile miseria e intollerabile degrado.
È risaputo che nel mondo antico i giochi, obbedendo a speciali norme, ebbero anche un carattere sacro, venendo spesso associati a riti legati a specifiche divinità, come la Fortuna e la Vittoria, in quanto personificazione della forza trionfale. E la presenza di particolari simbologie e ritualità in tutta la rappresentazione agonica (architettura e decorazione del luogo, costumi e gesti dei combattenti, cadenza e successione delle prove, cerimoniale del trionfo e della premiazione), evocava la dimensione della trascendenza anche in un ambito apparentemente così ordinario. In questo modo, veniva trasmesso un orientamento emblematico e positivo, attraverso l’azione eroica dei combattenti, agli stessi spettatori.
Essendo da tempo svanita la componente religiosa da simili spettacoli, per l’uomo moderno le azioni sportive hanno oramai cessato di svolgere quell’utile funzione di crescita spirituale prima sottintese, trasformandosi in un deleterio e distruttivo oppio dei popoli. E persino una delle divinità che presiedevano a quelle rappresentazioni, come la dea Nike, è stata abbassata al rango di volgare promotrice del più sfrenato consumismo.
La contro-tradizione, essendo naturalmente incapace di creare alcunché di positivo, riesce solo a guastare e corrompere ogni lascito tradizionale e tutte le usanze popolari; per cui, quando si è trattato di individuare uno sport che fosse da tutti condiviso, per fargli svolgere a livello mondiale questo ruolo di stupefacente di massa, ha puntato su quanto offriva il mercato dell’agonismo sportivo, per trasformarlo da innocuo passatempo in quell’altra cosa. E siccome non poteva certo essere candidato a svolgere tale ruolo uno sport noiosissimo come il baseball, apprezzato solo dagli americani, è stato inevitabile che si scegliesse il Calcio, lo sport più popolare al mondo per tutta una serie di motivi. E dei passi ben precisi e mirati sono stati fatti per renderlo popolare anche presso il pubblico statunitense (costituzionalmente incapace di comprenderne tecniche logiche e strategie!), non potendo essere lasciato immune da questa “febbre” proprio il gendarme mondiale, culla e braccio armato del mondialismo.
L’organizzare — sotto gli auspici di Henry Kissinger, grande amico di Gianni Agnelli — USA 1994, il primo Campionato Mondiale al di fuori di Sudamerica ed Europa, è servito a costringere l’americano medio ad interessarsi a qualcosa che fino ad allora gli era del tutto estraneo e incomprensibile; rivestendo esso un significato più politico che sportivo. La campagna di conquista è poi proseguita col trasformate il calcio americano e canadese in un “cimitero degli elefanti”, in cui mandare a giocare campioni europei e sudamericani a fine carriera, strapagandogli una pensione dorata.
Lo stesso copione si è ancora una volta ripetuto, in vista di un ulteriore allargamento della geopolitica del pallone, con gli ultimi campionati mondiali tenutisi in Qatar; dove il denaro speso ha probabilmente raggiunto livelli mai visti finora — ma di doman non ve’ certezza! — a partire dalle note corruzioni dei vertici del calcio mondiale e degli ignobili politici europei. Qui abbiamo assistito, oltre ad un ulteriore consolidamento delle precedenti acquisizioni di seguaci, ad una esasperata politicizzazione dell’evento (guerra, razzismo e diritti LGBT: come un Sanremo qualsiasi!), e a una nuova espansione del tifo verso l’Asia e l’Africa; facendo arrivare la squadra marocchina a ridosso della finale, con grande e fanatica soddisfazione dei suoi tifosi africani ed europei; per concludersi con la “partita perfetta” della finale, che nemmeno un grande regista come Stanley Kubrick o Alfred Hitchcock avrebbero saputo immaginare.
E proprio l’enorme mole di denaro che, a partire da un dato momento, ha cominciato a riversarsi sul Gioco del Calcio e gli scandali sempre più frequenti che lo hanno interessato, rappresentano il vero metro della sostanziale trasformazione subita da quello che era stato un tempo solo un onesto spettacolo popolare per famiglie e appassionati della domenica. Il salto mediatico ha coinciso con l’innalzamento dei suoi protagonisti al rango di stelle superpagate e venerate, andando a rivestire un significato che trascende la loro persona e la loro natura umana, fino ad equipararli a figure mitiche e divine. Molti diventano, infatti, autentici modelli sociali coi quali le belle donne si mostrano particolarmente “generose”, e le cui vite private sono quotidianamente esposte agli occhi di tutti, anche fuori dal campo di gioco.
Pensare che un tale trattamento principesco sia dovuto ai loro meriti sportivi è indice di estrema ingenuità e dabbenaggine. Ad essere ricompensato, in realtà, è il loro ruolo di illusionisti e prestigiatori, svolto al servizio di chi si ripromette di raggiungere risultati che vanno ben oltre l’evento agonistico e riguardano lo stravolgimento della coscienza e dell’equilibrio personale degli spettatori, deviandone l’attenzione verso un falso scopo e un’inoffensiva e impotente passione.