Le origini massoniche della
Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino
Se è ormai tramontata, sia come vanto che come accusa, l’idea che la Rivoluzione francese sia stata un prodotto esclusivo delle logge massoniche – all’ipotesi del complotto essendosi sostituita già a partire dagli studi di Augustin Cochin il più plausibile concetto di “meccanica” (1) – è invece più certo il ruolo svolto dalle logge nell’elaborazione teorica e nella diffusione delle idee che confluiranno poi nella Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino, dell’anno 1789 (2).
Il cammino che culminerà con la redazione di questo documento è in realtà estremamente lungo, secolare, e riguarda cambiamenti avvenuti nei pensieri e nelle concezioni del mondo, a livello sociale, scientifico, filosofico, cambiamenti tanto profondi da produrre una nuova realtà completamente mutata e quindi nuovi criteri interpretativi per la sua definizione (3). L’opera massonica si inserisce in questo contesto, tentando di codificare questo nuovo ordine, fatto di leggi ritenute universalmente valide, in base alle quali regolare tutto, dai fenomeni fisici alla vita della società e dello Stato. È un ordine razionale, geometrico, che vede in un “diritto naturale” desunto, come le leggi fisiche, dall’osservazione della realtà o da postulati dichiarati come “autoevidenti”. La Massoneria, in quanto luogo comune e punto d’incontro tra aristocratici, mercanti, artigiani, militari e clero, avendo utilizzato il principio egualitario per ridurre i dissidi e i contrasti al suo interno, ritiene opportuna l’esportazione di tali principi anche al di fuori del ristretto mondo delle “società di pensiero”, nella più complessa realtà della vita di tutti i giorni. Viene quindi diffuso anche nel mondo profano il credo della “tolleranza” e dei “diritti”. Questa scelta arbitraria e orientata da criteri artificiali, molto spesso in netto contrasto con la realtà stessa di cui si pretendeva di essere portavoce, non fu affatto una “conquista”, come viene proclamato, ma un’imposizione, uno strumento di azione diretta sulla società al fine di mutarne i principi costitutivi e l’ordine da questi determinato. Fu una scelta e non una necessità, quindi un atto umano, politico, suscettibile di discussione e cambiamento, molto diverso quindi da una legge naturale immutabile e autoevidente che si impone spontaneamente nei rapporti umani. La mistificazione operata dai fautori dei “diritti umani” avviene nei confronti del pensiero tradizionale con la sostituzione teorica e pratica operata ai danni dell’unico ordine naturale esistente, fisico e metafisico (con nomi diversi – Dharma, Maat, Themis – conosciuto ovunque) espressione concreta di realtà effettive superiori al piano umano, e aventi in esso solo un particolare ambito di manifestazione.
La Dichiarazione dei Diritti è quindi un prodotto contingente, parziale, che nella sua elaborazione ha riguardato un nucleo ristretto di persone e che, per di più, non rappresenta verità eterne ma rispecchia semplicemente un particolare punto di vista in un determinato momento storico (4).
La Dichiarazione francese del 1789 non ha in realtà nulla di francese (5) ma si richiama più generalmente all’ambiente cosmopolita e umanitario del network massonico, e ha come immediato predecessore la Dichiarazione d’Indipendenza americana (1776), vero condensato di tutta l’elaborazione teorica dei due secoli precedenti e del pensiero razionalista (sarà superfluo ricordare che quasi tutti i firmatari di questa dichiarazione erano massoni).
Il documento (nella fattispecie il preambolo) si basa su una serie di enunciati non dimostrati, che vengono però considerati come veri e presi come fondamento per tutte le affermazioni successive. Sono dei veri e propri assiomi, ai quali i dichiaranti danno un valore assoluto – a tutti gli effetti “costituzionale” – e che, per la loro natura indimostrabile, devono essere accettati con un atto di fede. Tutto ciò che ne consegue non è altro che un teorema basato su questi assiomi.
Affermazioni che peraltro sono estremamente discutibili nella loro artificiosità: ad esempio il dichiarare che “tutti gli uomini sono creati uguali”, non solo non è per nulla “evidente”, ma è anzi il contrario dell’evidenza, confliggendo con la legge fondamentale di natura, che vede nella diversità la caratteristica tipica di tutto ciò che esiste. Incomincia quindi a presentarsi una “morale dei diritti” con l’apparenza del dogma, di una verità che si sottrae a ogni messa in discussione e si propone come una nuova religione laica (anche se formalmente teistica) in grado di fissare i nuovi valori costitutivi di ogni civiltà futura, come ad esempio quella che si stava tentando di edificare in Francia, sulle rovine del precedente mondo che, molto opportunamente e per nulla casualmente, era stato fatto a pezzi. L’elaborazione artificiale viene applicata alla realtà in maniera distorta, in quanto quest’ultima è costretta ad adeguarsi ai principi postulati (come sosteneva Condorcet: “perisca l’universo purché sia salvo il principio”) sconvolgendo il rapporto armonico principio-fatto, in cui l’uno è semplicemente una manifestazione dell’altro, consequenzialmente e senza alcuna forzatura.
La trama dei rapporti massonici è trans-nazionale, e la presenza di determinate tematiche, lungi dall’essere una spontanea presa di coscienza di realtà “naturali” (in tutti i millenni precedenti non se ne era accorto nessuno?) costituisce invece la prova di un’attività coordinata e per nulla casuale o naturale, simile, anche se su più vasta scala, alla strana uniformità riscontrata da Cochin nelle iniziative, negli atteggiamenti e finanche nelle frasi durante la campagna elettorale del 1789. Nonostante l’impalpabilità della rete massonica la connessione tra America e Francia è risaputa, ed ha i suoi elementi di maggior peso nelle figure di La Fayette e Franklin, entrambi attivi nelle rivoluzioni dei due paesi. La “Dichiarazione” francese fu una sintesi di numerosi progetti, uno dei quali presentato proprio da La Fayette, già combattente con i ribelli americani nella guerra d’indipendenza e membro della loggia Saint-Jean d’Ecosse du Contrat Social (La Fayette peraltro non era un pensatore, quindi è probabile che la presentazione del progetto sia stata fatta per conto di altri). Per quanto riguarda Benjamin Franklin, se è noto il suo ruolo di grande orchestratore della politica estera americana – soprattutto nei rapporti con la monarchia francese – meno noto è il suo ruolo nel mondo massonico, in particolare nella loggia Neuf Soeurs, di cui fu anche Venerabile Maestro. Loggia non comune, riservata ai soli intellettuali, e che diventò ben presto il luogo di riunione di tutta la cosiddetta cultura illuminata, contando tra i suoi membri, tra gli altri, i vari Helvetius, Lalande, Condorcet, Chamfort, Parny, Mercier, Voltaire, Houdon, Vernet, e che fu uno dei centri ispiratori di gran parte del pensiero della prima fase della rivoluzione nonché il crogiolo dove si formarono molti altri individui che avranno un ruolo direttivo negli anni successivi.
Tali sono i padri nobili del mondo moderno.
Questi discorsi purtroppo non rimangono legati al passato, ma hanno un’influenza che si ripercuote anche nell’epoca attuale, con concetti e visioni del mondo che da parziali e artificiali sono diventati l’indiscutibile “patrimonio comune” che contraddistingue ogni elaborazione teorica moderna o qualsiasi prassi di tipo politico, una vera e propria gabbia ideologica in grado di fermare tutto ciò che ad essa è alternativo. È necessario in primo luogo comprendere che questi famosi “diritti” nella loro pretesa universalità sono invece un prodotto contingente e politico, che non opera affatto per il bene comune ma solo come arma per l’imposizione dei valori di ambienti ristretti e con un preciso orientamento ideologico. L’esperienza ci ha dimostrato che nella società dei diritti è il parassita che vince. Combattere questo stato di cose non significa essere a favore della barbarie o dell’ingiustizia, ma di un ordine alternativo, sicuramente meno artificiale e meno parziale, legato alla natura stessa delle cose e ai principi che di queste sono la causa, quell’ordine umano e cosmico che in tutte le civiltà normali (sottolineiamo il termine) è stato sempre riconosciuto e seguito, con la precisa consapevolezza che un suo abbandono avrebbe portato a sconvolgimenti tali da mettere in pericolo l’essenza stessa dell’uomo e della società, di un vivere cioè non puramente meccanico e utilitario ma con orientamenti e finalità di natura superiore, non strettamente quantificabili ma non per questo inesistenti, anzi più reali di tutte le costruzioni mentali artificiali che hanno tentato di prenderne il posto.
Renzo Giorgetti
Cfr. Les sociétés de pensée et la démocratie moderne – Études d’histoire révolutionnaire, Parigi, Plon-Nourrit et Cie, 1921 e La Révolution et la libre-pensée. La Socialisation de la pensée (1750-1789). La Socialisation de la personne (1789-1792). La Socialisation des biens (1793-1794), Parigi, Plon-Nourrit et Cie, 1924.
Per un sintesi si veda il nostro In ricordo di Augustin Cochin, https://www.heliodromos.it/index.php?option=com_content&view=article&id=296;profili
2 Il Gran Maestro del Grand’Oriente di Francia, sul numero 155-156 della rivista Humanisme (nov.’83- feb.’84), ha sottolineato il ruolo svolto dalla massoneria “laboratorio d’idee”, nell’istaurazione di tutte le cinque Repubbliche: “Un gran numero di massoni del Grand’Oriente di Francia erano presenti e attivi ogni volta che si stava preparando ognuna delle nostre Repubbliche. Questo attraverso gli Enciclopedisti, con gli scritti e gli esempi dei Montesquieu, dei Diderot, dei Voltaire, che ne prepararono lo spirito; con i Condorcet, i Saint-Just, i Danton che ne applicarono i principi con l’istituzione della prima Repubblica, la cui immortale «Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino» era stata elaborata nelle nostre logge”.
Citato da Fayard-Poncet nel volume antologico Révolution contre Révolution, a cura di B. Demotz e J. Haudry, Parigi, Éditions du Porte-Glaive, 1989, pp.131-132.
3 Cfr. F. Valjavec, Geschichte der abendländischen Aufklärung, Vienna, Herold, 1961.
4 Per una critica su più piani di questi concetti rimandiamo alle opere di Stefano Sutti Vaj, Indagine sui diritti dell’uomo, Roma, LEDE, 1985 e Giovanni Damiano, Elogio delle differenze, Padova, Ar, 1999, nonché ai capitoli IV e VIII del volume Révolution contre Révolution, idem. Un bilancio storico si troverà nel volume di René Sédillot, Le coût de la Révolution française, Parigi, Perrin, 1987, pp.72-76.
5 Edmund Burke similmente notava che il termine “Rivoluzione in Francia” fosse più appropriato di quello di “Rivoluzione francese”, per rappresentare qualcosa che non si è prodotto autonomamente nel paese ma è penetrato dall’esterno.